Come
riportato dai media da diversi mesi, l’Euribor, il parametro usato nei
contratti di mutuo a tasso variabile per indicizzare il tasso del
finanziamento, si appresta a cambiare volto.
Facile.it
e Mutui.it hanno svolto un’analisi,
insieme alla giornalista economica Rosaria Barrile, per chiarire alcuni punti.
Il primo e più importante è che il nuovo Euribor non entrerà in vigore nel
2020, come è stato indicato da alcuni, bensì dal 2022 e, anche, non avrà un
impatto elevato sui mutui già sottoscritti né sui costi delle banche.
L’attuale metodo di calcolo
In questo momento il sistema utilizzato per determinare l’Euribor si
basa sulle dichiarazioni di una ventina di banche europee circa il valore dei
tassi a cui si scambiano il denaro fra loro. Questo metodo, che in passato
aveva portato ad alcuni episodi di manipolazione, verrà sostituito da un
calcolo definito ibrido e basato su un mix di metodi che comprendono
anche gli scambi effettivi avvenuti tra le banche.
Il rinvio al 2022 del nuovo
Euribor
La transizione al nuovo parametro si è presentata fin da subito
complessa a livello tecnico tanto che a febbraio 2019 il Parlamento e il
Consiglio UE hanno deciso di accordare una proroga a chi deve fornire
informazioni su parametri ritenuti critici, dando loro tempo fino al 31
dicembre 2021. Il nuovo sistema di calcolo dovrebbe garantire valori
corrispondenti all’andamento reale dell’Euribor, come spiega Anna Vizzari di Altroconsumo. «È previsto che vengano presi in
considerazione solo i tassi delle banche che hanno registrato nella giornata o
nei quattro giorni precedenti una transazione. Quindi si metteranno in ordine i
tassi registrati, dal più basso al più alto, si prenderanno i quattro valori
centrali della lista e su questi verrà calcolata una media semplice. Poi
saranno applicati dei meccanismi correttivi, basati sui dati rilevati per le
medesime scadenze nei giorni antecedenti, al fine di limitare la volatilità
dell’indicatore e, infine, saranno presi in esame anche i tassi interbancari
registrati sugli altri mercati».
Il panel di banche che dovrà fornire tali valori viene individuato
dall’EMMI (società che cura la piattaforma dell’Euribor): sarà formato dagli
istituti che hanno una partecipazione attiva sul mercato monetario dell’euro e
saranno provenienti da almeno tre Paesi diversi. «Si tratta comunque di una definizione limitata visto che
sarebbero appena una cinquantina di banche», puntualizza Vizzari. «Un numero davvero piccolo se paragonato al totale degli
istituti di credito europei, solo in Italia ce ne sono più di 700. Vista
l’attuale situazione del mercato interbancario, dove gli scambi sono molto
ridotti, la riforma rischia di non portare grossi cambiamenti rispetto al
sistema attuale».
L’impatto sulla rata del mutuo
Formalmente per chi ha un contratto in corso non cambierà nulla e i finanziamenti
a tasso variabile continueranno ad essere agganciati al nuovo Euribor; la
forbice tra i valori del vecchio e del nuovo parametro potrebbe attestarsi tra
1 e 5 punti base, variazione sostanzialmente impercettibile sulle rate mensili
del finanziamento.
A fornire una conferma in questo senso è Lea Zicchino, partner della società di consulenza Prometeia: «Per chi ha un mutuo in corso non
cambierà nulla perché fino al 2022 verrà utilizzato l’attuale sistema di
calcolo. La fase di transizione al nuovo Euribor riguarda esclusivamente gli
addetti ai lavori che dovranno capire come far funzionare nel concreto in modo
efficiente il nuovo metodo. È
bene precisare che in questo momento gli scambi tra le banche sul mercato sono fatti
in numero contenuto proprio perché la Bce ha già garantito abbondanza di
liquidità. Nel momento in cui gli scambi di liquidità tra banche dovessero
essere più frequenti, il valore del nuovo Euribor potrebbe cambiare».
Anche se ciò dovesse accadere, difficilmente la nuova metodologia
potrebbe avere però un impatto repentino sulla rata del mutuo, come spiega
Zicchino: «Qualora
l’Euribor dovesse aumentare in misura importante per effetto del nuovo metodo, la
banca stessa potrebbe accollarsi il costo rinunciando a una parte dello spread
applicato o, in caso contrario, esiste sempre la possibilità per il cliente di
rinegoziare il mutuo».
Cosa cambia per chi ha un mutuo
in corso?
Secondo il Presidente di Adusbef,
Antonio Tanza: «Il
cambiamento varrà per i nuovi mutui, ma già attualmente, sulla scorta di una
direttiva europea, le banche dovrebbero indicare nei contratti anche il
sostituto dell’Euribor. Per quanto attiene ai rapporti preesistenti cambierà la
metodologia attraverso la quale il nuovo parametro verrà determinato, ma non la
natura dello stesso: circostanza che probabilmente non obbligherà le banche a
rivedere e aggiornare tutti i contratti attualmente in vigore».
Abi: nessun impatto sulle banche
e sui costi dei mutui
Secondo uno studio condotto a livello europeo dalla società di
consulenza Boston Consulting Group (Bcg), la riforma potrebbe cogliere
impreparate molte banche che ancora non hanno messo bene a fuoco la questione.
In sintesi, secondo un calcolo effettuato a fine agosto dalla società, il
passaggio al nuovo Euribor e al tasso Estr (che sostituisce l’Eonia) rischierebbe
di presentare al sistema finanziario italiano un conto da 1,5 fino a 2 miliardi
di euro.
Ma tale ipotesi è stata del tutto smentita da Abi che ha escluso
non solo che vi possano essere costi esorbitanti dovuti a tale adeguamento, ma
anche che vi sia la necessità di rinegoziare i mutui e che possa verificarsi un
aumento dei loro costi come diretta conseguenza dell’adeguamento al Regolamento
europeo sugli indici. Ad affermarlo è Pierfrancesco
Gaggi, Responsabile Abi del
Servizio rapporti con le associazioni europee e attività internazionali: «Abbiamo
avuto modo di confrontarci con Boston Consulting Group e non ci siamo ritrovati
con le loro stime sui costi che le banche dovrebbero sostenere per introdurre
le modifiche metodologiche determinate dal Regolamento Benchmark del 2016:
anche loro hanno convenuto che le stime riguardavano un campione di banche
europee che probabilmente non riflette la realtà delle banche italiane. Per
quanto riguarda l’Euribor, a parte le due banche italiane che fanno parte del
panel che fornisce i dati sulla cui base viene calcolato il benchmark, tutte le
altre continueranno a ricevere i dati giornalieri come prima del cambio di
metodologia. Non vediamo quindi quali sarebbero i costi che le banche
dovrebbero sostenere per l’utilizzo dei due indici riformati nel rispetto del
Regolamento. Se qualche costo si può intravedere, esso riguarda l’introduzione,
resa obbligatoria dallo stesso Regolamento sugli indici, nei contratti esistenti
di una nuova clausola (oltre che in quelli nuovi) che indichi un indice di
riserva da utilizzare nel caso in cui quello principale utilizzato nel
contratto non possa più essere calcolato per una qualsiasi ragione. Ma questi
indici di riserva devono ancora essere individuati dal Gruppo di lavoro degli
esperti che, sotto la guida della Bce, lavora al progetto. E non pensiamo
davvero che una comunicazione per integrare i contratti esistenti con una
clausola aggiuntiva possa avere costi così elevati. Non prevediamo dunque
nessuna rinegoziazione dei mutui, né aumenti dei loro costi dovuti
all’adeguamento al Regolamento europeo sugli indici».
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