Conviene aderire al nuovo
regime forfetario previsto dalla manovra? È questa la domanda che quasi 400
mila tra titolari di ditte individuali, professionisti e artisti si sono dovuti
fare nelle ultime settimane a seguito delle prove di flat tax stabilite
dalla legge n. 145/2018. Mutui.it,
in collaborazione con Facile.it ha
cercato di capirlo scoprendo che i rischi, a ben guardare non sono
trascurabili.
La risposta migliore da
dare alla domanda con cui abbiamo cominciato, secondo quanto è emerso, sarebbe
“generalmente sì, ma… dipende!”. Se è vero che i forfetari pagano meno imposte
sui redditi derivanti dalla propria attività, è anche vero che aderendo alla flat tax potrebbero perdere tutte le
agevolazioni normalmente concesse; addio quindi alle deduzioni per
il coniuge e i familiari a carico, alle detrazioni per gli interessi sui mutui,
per le spese mediche e anche per le ristrutturazioni edilizie.
Vediamo perché. A partire
dal 1° gennaio 2019, l’accesso al regime agevolato è stato esteso a tutti i
contribuenti che, titolari di una partita Iva, hanno conseguito nell’anno
precedente ricavi o compensi non superiori a 65.000 euro.
Questo meccanismo consente
di alleggerire le tasse dovute; invece di applicare l’IRPEF ordinaria (dal 23%
al 41%), viene prevista un’imposta sostitutiva del 15%,
su un reddito calcolato a forfait in percentuale sul fatturato.
Nella maggior parte dei
casi il regime consente risparmi d’imposta significativi. Per fare un esempio,
un giovane avvocato che realizza un fatturato di 35.000 euro, a fronte di 7.000
euro di costi sostenuti, può risparmiare circa 3.200 euro all’anno.
Si potrebbe pertanto
supporre che la flat tax sia sempre e comunque
più conveniente del regime ordinario, ma in realtà non è così, perché nel
confronto bisogna tenere conto anche di altri fattori. Per esempio l’effettiva
entità dei costi sostenuti dal contribuente; qualora questi siano superiori a
quelli riconosciuti in misura forfettaria dalla legge, il vecchio regime di tassazione potrebbe risultare migliore.
Il vero ago della bilancia,
tuttavia, è dato dall’impossibilità per i forfetari di beneficiare delle
deduzioni e delle detrazioni che l’ordinamento riconosce alle persone fisiche.
Poiché il regime forfetario è sostitutivo, in
assenza di altri redditi imponibili (per esempio derivanti da lavoro
dipendente, prestazioni occasionali, affitto di immobili), il reddito
dichiarato dal contribuente ai fini IRPEF sarà pari a zero. Dal momento che
deduzioni e detrazioni agiscono solo nel “mondo IRPEF”, ciò significa perdere il beneficio.
Come abbiamo anticipato, a
venire meno sarebbero per esempio le detrazioni per il coniuge, i figli e gli
altri familiari fiscalmente a carico, ma anche gli sconti fiscali previsti su
determinate spese sostenute dal contribuente come, solo per citarne alcune,
gli interessi passivi sui mutui (detraibili al 19%), i
lavori di ristrutturazione edilizia (50%)
o di riqualificazione energetica degli edifici (65%).
Senza dimenticare spese mediche (19%) e altro
ancora.
Torniamo al caso del
giovane avvocato che sta valutando il transito nel regime forfetario.
Ipotizziamo che abbia acceso un mutuo nel 2017 per l’acquisto e la
ristrutturazione di un immobile, con interessi passivi di 4.000 euro (massimo
consentito) e importo dei lavori di 60.000 euro. La detrazione sul mutuo è pari
a a 760 euro (19% di 4.000), quella sulle ristrutturazioni a 3.000 euro (50% di
60.000, diviso in 10 rate annuali).
In questo caso la flat tax
consente di risparmiare 3.165 euro di imposte, ma le detrazioni perse ammontano
a 3.760 euro. Pertanto, prima di stabilire con certezza come comportarsi, è
necessario considerare tutte le variabili e procedere a valutazioni attente
caso per caso.
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