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sabato 19 febbraio 2022

La mafia nello zaino di Alessandro Cortese: un omaggio a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino



“«E come gli altri non ha visto niente?».

«Maresciallo, ma voi di dove siete?» chiese mia madre.

«Siciliano, signora… proprio come quelli ancora nei paraggi».

«E siciliano come me, non avete ancora capito che in Sicilia pigliamo tutti la pensione?».

«E questo cosa c’entra?».

«C’entra, c’entra, maresciallo. Perché in Sicilia siamo muti, ciechi e sordi. Avete capito? Menomati siamo, ma questa è solo mezza verità».

«E l’altra mezza?».

«L’altra mezza sta alle vostre spalle, sotto quel lenzuolo. Là c’è tutto quel che vi serve sapere… non vi basta?».”

La scena si svolge in strada, il paese è accorso dopo aver sentito “un boato, breve ma dall’eco persistente”, Melina parla con il maresciallo: è stanca di sentire le solite domande e, dopo poche battute, si allontana con passo spedito tenendo stretta la mano del figlio.

Fra tutti, l’unico ad essere stupito dal corpo steso a terra e dal lenzuolo è proprio lui, l’Io narrante, il figlio, un picciriddu di appena dieci anni che, durante quella torrida estate, dovrà forzatamente abbandonare le corse in bicicletta con gli amici e diventare adulto.

La mafia nello zaino – Il bimbo, il nano e l’assassino” è un romanzo di Alessandro Cortese (Messina, 1980), edito da Il ramo e la foglia edizioni (gennaio, 2022). La copertina è opera dell’artista palermitano Giulio Rincione. Sono trascorsi ben otto anni dalla pubblicazione di “Polimnia. Di 300 Spartani, una Grecia e dei Persiani di Serse” (Edizioni Saecula, 2014), un romanzo storico che racconta di avvenimenti umani che “non devono dissolversi nella dimenticanza[1]” ma, anche in “La mafia nello zaino”, Cortese ripropone l’importanza del tema della dimenticanza perché i mortali devono continuare a narrare per far in modo che le nuove generazioni comprendano il valore di una singola azione compiuta da un singolo essere umano.

La finzione letteraria diventa così occasione per ricordare due grandi uomini, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che, nella Sicilia raccontata da Cortese, diverranno il giudice Falco Di Giovanni ed il suo collega Paolo. I due personaggi, con la stessa tenacia che li ha resi celebri e che li ha anche condannati a morte, cercheranno di modificare quel viziato modus vivendi perché convinti oppositori di un sistema di corruzione che dall’isola arriva sino a Roma.

“«Sono cose grosse, Paolo, che partono da qua e arrivano su» disse il giudice Di Giovanni all’altro, prima che insieme si fermassero a un passo dagli scogli in cui mi nascondevo. «Mafia e politici hanno scavato questa galleria che, dalla Sicilia, attraversa sotterranea tutto il sud Italia e va dritta fino a Roma, dentro le stanze della VIII commissione, per infiltrarsi nelle grandi opere e nei lavori pubblici, facendo fare ai soldi avanti e indietro. Gli appalti, vinti a tavolino dai mafiosi, diventano mazzette che tornano nelle tasche della politica… e i nostri onorevoli che ci fanno dopo con quei soldi? Altre mazzette per altri mafiosi che, finanziando lo spaccio di droga per evitare il pizzo, danno al tessuto sociale la sensazione che nulla stia accadendo e infatti, in superficie, nulla accade: è tutto sotto, dove ci va soltanto chi sa e gli altri restano all’oscuro».”

Attraverso gli occhi di un picciriddu, lo scrittore messinese pone sul piatto il significato di innocenza per poi frantumarlo lasciando il lettore quasi incredulo per la crudezza della realtà, per la consuetudine degli eventi che si susseguono. Situazioni aberranti diventate una sorta di tradizione (e/o costrizione) per gli adulti ma non per il nostro piccolo eroe che, in emulazione di Nero Wolfe, protagonista degli sceneggiati Rai, si mette in testa di scoprire il colpevole dell’omicidio del ladro Giulio e dell’avvocato Cantarò.

“«Mafiusi! Tutti mafiusi semu! Tutti muti ma u sapemu! Lo sappiamo, chi è che l’ha ammazzato! Ma la lingua ci si ferma non appena pensiamo a quel nome! Picchì vigliacchi semu! E davanti a Diu ni facemu u cuntu!».”

Una società di maschere, una comunità che, nella vita reale, recita una parte così come fanno i burattini dell’Opera dei Pupi e, nel medesimo modo, i siciliani che Cortese descrive, per paura o per esigenza, si affidano ai fili del puparo senza poter uscire dal turbinìo che, a dire il vero, essi stessi creano.

“«Mafiusi! Tutti mafiusi semu! Tutti muti ma u sapemu!».”

“La mafia nello zaino” è narrazione che amalgama fantasia letteraria ed eventi reali come, ad esempio, la tragica morte di Giulio ritrovato con le mani mozzate perché aveva rubato, reminiscenza di un omicidio avvenuto nel 1999 di un ladro di 21 anni[2] il cui corpo è stato rinvenuto nel torrente Idria in contrada Lando (Barcellona Pozzo di Gotto) con la testa fracassata e gli arti superiori monchi.

Mentre scorrono le pagine il picciriddu affronta ciò che lo psicoanalista James Hillman ha individuato nel contrasto Puer-Senex nel quale “il Puer Aeternus è quella struttura di coscienza e quel modello di comportamento che rifiuta e combatte il Senex […] e che è spinto a ricercare, a domandare, a viaggiare, a inseguire, a trasgredire ogni limite[3]. Limiti che il “bimbo” trasgredisce quando nella sua mente emergono le prime domande sulla mafia che, con un’ingenuità che non si presenterà successivamente, estende ai suoi compaesani, limiti che insegue senza freno a causa della forte curiosità di “sollevare il velo”, di scoprire i segreti che nascondono i suoi genitori, il sindaco Vito Massimino, il barbiere Santo Freni, padre Pippo e Don Nino detto Ninu u nanu. Trascinato da un innato sentore di giustizia diverrà, infine, portavoce dell’eredità etica del giudice Falco Di Giovanni.

“Adesso ero sicuro che fossimo noi, io e quelli con me nel piazzale, a vivere nel mondo che Colapesce andava visitando quando si tuffava. Ero sicuro che fossimo rimasti intrappolati perché forse Colapesce non aveva mai voluto sostenere la Sicilia: aveva deciso d’affondarla, invece, e continuava a premere col piede sulle nostre teste, tenendoci qua sotto senza darci modo di riemergere.”

 

L’autore, Alessandro Cortese, oltre al già citato romanzo storico “Polimnia”, ha pubblicato la storia “Ore 1: Barcellona P.G.” (antologia “E tutti lavorammo a stento”, Arpanet, 2013), “Ad Lucem” (Arpanet, 2012), il racconto “A Mani Strette” (antologia “Fedeltà&Tradimento”, Arpanet, 2011), “Eden” (Arpanet, 2010), “Vita e ricordo di Mary Ann Nichols. Prostituta” (antologia “Concept – Storia”, Arpanet, 2007).

 

Written by Alessia Mocci

 

Info

Acquista “La mafia nello zaino”

https://www.amazon.it/mafia-nello-zaino-bimbo-lassassino/dp/B09GQJLG4V

 

Fonte

https://oubliettemagazine.com/2022/02/06/la-mafia-nello-zaino-di-alessandro-cortese-un-omaggio-a-giovanni-falcone-e-paolo-borsellino/

 

Booktrailer su Youtube, voce Alessandro Cortese

https://www.youtube.com/watch?v=ez002UEFais

 



[1] “Questa è la storia di avvenimenti umani che, col tempo, non devono dissolversi nella dimenticanza. È la storia di imprese grandi e meravigliose, compiute tanto dai Greci quanto dai Persiani, ed è la storia di come gli uni e gli altri vennero in guerra tra loro.” Tratto da “Polimnia. Di 300 Spartani, una Grecia e dei Persiani di Serse”, capitolo Clio, pagina 7.

[2] Fonte Repubblica: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/05/06/ruba-al-boss-mani-mozzate.html

[3] James Hillman, Saggi sul Puer, Raffaello Cortina editore, 2021, capitolo Pothos, pagina 17.

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