“L’università sbagliata, il fidanzato sbagliato, gli amici sbagliati sono tutte tappe (non necessariamente obbligatorie, non mi azzarderei mai di dire questo) che alla fine vanno a influenzare, a cambiare le persone che siamo. Laura che queste cose le ha provate tutte lo sa bene, non a caso il titolo del romanzo inizia con “Cronache”.” ‒ Francesco Delvecchio
“Cronache di un numero brillante” è stato pubblicato nel 2022 dalla casa editrice Albatros Il Filo, l’autore, Francesco Delvecchio, è originario e vive a Bari, città nella quale è ambientato il suo romanzo.
Laura Milani, invece, è la protagonista di questa storia di crescita personale nella quale la giovane imparerà proprio grazie agli errori ed agli incidenti di percorso che, solitamente, si hanno nella vita. Una scelta sbagliata, talvolta, può mostrandosi fallimentare aprire una strada mai presa in considerazione prima.
“Era una perdita di tempo, minuto dopo minuto Laura realizzava che la sua permanenza in quell’aula grande per studiare qualcosa che non le piaceva, che non le interessava minimamente, stava diventando straziante.” ‒ incipit del romanzo
L’autore, Francesco Delvecchio, si è reso disponibile
per svelare qualche retroscena del romanzo. Buona lettura!
A.M.: Ciao Francesco, ti ringrazio per aver accettato
questa intervista così da raccontare qualcosa in più del tuo romanzo “Cronache
di un numero brillante”. Innanzitutto potremo fermarci un po’ sul titolo del
libro e sulla sua genesi.
Francesco Delvecchio: Ciao Alessia. Questa
effettivamente è una domanda che in diversi mi hanno rivolto. Il titolo “Cronache
di un numero brillante”, se vogliamo, è stato più difficile da concepire
rispetto all’intero romanzo. Partiamo però dalle origini. La storia di Laura
(la protagonista del libro) mi è venuta in mente circa due anni e mezzo fa,
l’ho fatta crescere ed evolvere nella mia mente prima di metterla nero su
bianco. Laura è una ragazza come tante, con i dubbi, le incertezze e le
fragilità che possono caratterizzare una persona a vent’anni. Timorosa del
parere degli altri, ha sempre deciso di seguire i consigli di suo padre
mettendo da parte le proprie ambizioni e desideri, non credendoci più, ormai,
nemmeno lei. Arriva però un giorno in cui viene chiamata a fare un colloquio
presso uno dei negozi d’abbigliamento più famosi del mondo, Gonzales. Dal
momento in cui viene assunta si ritrova a vivere una serie di vicissitudini e
vicende che la trasformeranno, le faranno vivere una sorta di metamorfosi
interiore. Amici, nemici, ragazzi, clienti e colleghi trasporteranno lei e il
lettore in un microcosmo folle e sempre in movimento. La sua storia è un
derivato di diverse esperienze che ho voluto mettere insieme e che hanno dato
vita alla storia narrata nel libro. Nei ritagli di tempo mi sono dedicato a
costruire le schede personaggi e i vari intrecci, è stato intenso, mi sono
riscoperto a sorridere e ad innervosirmi in determinati punti, è stato come
rivivere una seconda volta alcuni episodi. Ho vissuto un periodo di
frustrazione personale che mi ha portato a riversare le energie sul
manoscritto, abbattermi non è mai stato il mio forte, e ad un certo punto ho
pensato solo a scrivere, scrivere e scrivere. Ho scritto in poco meno di sei
mesi, interi capitoli che mi hanno portato a terminarlo, scrivere l’ultima
pagina è stato emozionante, è stato come chiudere effettivamente un capitolo
della mia vita.
Tornando al titolo, invece, è arrivato qualche settimana
dopo, pensavo a varie combinazioni di parole che potessero formare una frase o
anche una parola che mettessero al centro l’esperienza della protagonista o la
sua vita ed ecco poi l’intuizione. Tanti anni fa un responsabile che ha
lavorato con me mi disse una frase, un qualcosa che mi aprì gli occhi su una
vicenda del passato appunto, e la frase era: “… puoi essere bravo quanto
vuoi ma deve esserci qualcuno pronto a credere in te affinché tu possa andare
avanti… Siamo solo dei numeri: sta a noi brillare.”
All’inizio questa frase non fu di grande effetto, non mi
portò ad un’immediata riflessione che mi permise di cambiare la mia vita
professionale in meglio. Col tempo, però, capì cosa volesse dirmi. L’impegno,
la passione e la determinazione hanno molta importanza in tutto ciò che
facciamo e in determinati ambienti è ancora più importante far spiccare queste
qualità se vogliamo davvero far notare il nostro sforzo. “Brillare” non
significa solo avere l’appoggio di qualcuno (anche se alle volte è necessario)
ma significa prima di tutto investire su noi stessi in ciò che si crede e si
fa. Quindi il titolo, se vogliamo, è una sorta di riassunto della storia stessa
della nostra protagonista, Laura Milani, un numero brillante e la sua avventura.
A.M.: La prefazione del romanzo porta la firma di Barbara
Alberti. Sull’incipit si menziona la ricerca dell’antropologo inglese Robin Ian
Dundar sul numero di amici di ogni essere umano. Sin dall’antichità questa
ricerca ha appassionato gli studiosi, ricordiamo, a tal proposito, la teoria
condivisa da Ippocrate, Democrito ed Epicuro secondo la quale due sono gli
amici, quattro i nemici ed innumerevoli i neutrali. Ritieni fosse troppo
limitata oppure riscontri che, anche nel tuo romanzo, ci sia una simile
proporzione?
Francesco Delvecchio: Quando la mia casa editrice,
Albatros il filo, mi disse che la prefazione sarebbe stata scritta da Barbara
Alberti non potei essere più felice. La lessi e la prima reazione che ebbi fu
di sorpresa, fui sorpreso dall’argomento perché mi riguarda molto. Per me
l’amicizia ha un’importanza che va oltre le parole, è inestimabile. Infatti ci
ho tenuto fortemente a ringraziarli con una dedica in prima pagina per essere,
appunto, i fautori di molti dei miei sorrisi. Gli amici sono le persone che
costituiscono quella famiglia che in un certo senso ci scegliamo, sono quelle
persone a cui affidi i tuoi segreti, i tuoi malumori e le tue gioie. Quanto
siamo felici nel raccontare un evento positivo che ci riguarda ad un amico? Io personalmente
non vedo l’ora di farlo. Quindi posso dirmi assolutamente d’accordo, anche se
non sono uno studioso di tale materia, con la teoria su citata. Sin dalle prime
pagine si può notare l’impatto che gli amici hanno sulla vita della
protagonista. Nel corso del romanzo, inoltre, trova due amici che saranno molto
importanti nelle vicende della sua storia, Daniele e Clara, due rocce su cui
fare affidamento nei momenti più bui. Purtroppo però si scontrerà anche con
diversi personaggi che si riveleranno ingiusti, sleali e poco educati. Una fra
tutti è Caterina. Caterina, più grande di Laura, quasi coetanea di sua madre, è
forse il primo “problema” che Laura incontra nel romanzo. Una donna arrogante e
irrispettosa che renderà difficile la sua permanenza all’interno del negozio.
Mi piacerebbe citare, a tal proposito, un estratto di una “conversazione tipo”
fra le due:
“Come, per esempio, quando Caterina decise di mettersi in
mostra davanti a una cliente mancando di rispetto alla collega.
«Laura rapida vedi lì… Muoviti» Quelle parole furono
accompagnate da un gesto, quasi un’indicazione verso un punto del camerino.
Laura non capiva cosa le stesse chiedendo.
«Perdonami Caterina, ma lì cosa?
Non capisco.»
«Vedi quanta polvere, passa lo swiffer muoviti. Rapida.»
La cliente che stava seguendo la donna abbassò lo sguardo un po'
imbarazzata per i modi utilizzati nei confronti della ragazza. Laura però
invece di restarci male decise di rispondere, era stufa.
«Caterina credo che tu sappia farlo anche da sola. Sai
dove si trova il panno. Alla signora ci penso io, del resto sono pur sempre una
personal shopper per l’azienda.»
Caterina era nera, probabilmente avrebbe picchiato Laura
con una gruccia dato quello che le aveva detto.”
Non sempre è facile gestire momenti di questo genere, ma
questo è anche un punto che segna la maturità di Laura nei confronti delle
reazioni e dei rapporti a lavoro. Tornando alla teoria citata nella domanda,
dove si parla dei neutrali, fra le tre categorie (amici, nemici e neutrali)
trovo che siano in un certo senso i più dannosi. Perché sono coloro che non
prenderanno mai una posizione nei tuoi confronti o nei confronti di un tuo
nemico, non saprai mai che cosa pensano realmente di te. Basti pensare che il
primo gruppo di amici di Laura scompare dalla sua vita senza farsi più sentire,
i cosiddetti neutrali che avrebbero quantomeno potuto spendere una parola o un
gesto per lei o la sua situazione. Io sono convinto di una cosa, ovvero, che tutte
le persone presenti nella nostra vita in un certo qual senso siano presenti per
un motivo, qualsiasi ruolo possano ricoprire, sta a noi prenderne il meglio.
Laura per lo meno cercherà di farlo.
A.M.: Bari la si incontra sin dalla copertina. Com’è il
tuo rapporto con questa città?
Francesco Delvecchio: Come hai detto è possibile
ammirare Bari già dalla copertina, il teatro Margherita sullo sfondo infatti è
uno dei simboli più importanti e riconoscibili della città, ma prima di parlare
della copertina vorrei esplicare al meglio l’importanza che ha per me la mia
città natale. Come è possibile intendere io sono molto legato ad essa.
In passato, da ragazzino, non facevo altro che pensarmi in
un luogo diverso da Bari, tipo che avrei trovato lavoro a Milano, Roma o Londra
addirittura, così non è stato perché con il tempo ho imparato ad amarla, ho
imparato ad avere rispetto per le mie origini. Vivere a due passi dal mare, in
estate sembra di stare in California con i palazzi che si affacciano sulle
spiagge, è possibile sentire l’odore della salsedine addirittura in pieno
centro. Oppure la tradizione delle “orecchiette” e delle “sgagliozze” fatte con
le mani delle anziane del borgo antico proprio sulla soglia delle loro case,
non ha prezzo perché anche se sembra anacronistico esistono giovani interessati
a questa forma di arte e ad ammirarle vengono praticamente da tutto il mondo.
Le nostre città rappresentano, come la nostra famiglia, le nostre radici e
quindi non ho trovato giusto abbandonarla per un qualcosa che si presentava
come “migliore” solo perché l’immaginario collettivo ci porta a pensare a
questo molto spesso. A Bari ho tutta la mia vita, e anche se mi definisco un
buon viaggiatore perché adoro farlo, adoro altrettanto il momento del ritorno.
Molti potrebbero pensare che rimanga qui per pigrizia o perché è più facile
barricarsi nella cosiddetta “comfort zone”. Può essere anche vera la seconda ma
per farlo bisogna prima trovarla questa benedetta “comfort zone”. Ma ora
veniamo alla copertina, realizzata da SWITCH ON comunicazione e media. Avevo
consegnato il manoscritto alla casa editrice, non sapevo ancora quali idee mi
avrebbe proposto per la copertina anche se una già ben definita mi ronzava in
testa. Lavorando in un negozio d’abbigliamento, nel reparto donna, in una
multinazionale proprio come quella dove lavora Laura, si ha la possibilità di
conoscere una miriade di persone. Con molte ci si limita ad un saluto con altre
invece addirittura ci si raccontano fatti della propria vita che solitamente si
tende a tenere per sé. Un giorno entrò la signora Regina (colgo l’occasione per
salutarla e ringraziarla ancora), l’aiuto spesso a cercare i capi che desidera
all’interno del negozio oppure mi fermo a parlare del più e del meno, anche se
non conoscevo nulla di lei come per esempio che lavoro facesse. Ricordo ancora
quel pomeriggio in cui le ho raccontato del mio libro e lei senza pensarci due
volte mi propose di realizzare quella che è la copertina attuale. Mi chiese se
avessi idee e una di queste fu che ci dovesse essere assolutamente Bari sullo
sfondo. Così è stato, ha realizzato, insieme ai professionisti che lavorano nel
suo studio, la copertina esattamente così come me la immaginavo. Sono molto
orgoglioso perché ogni volta che mi soffermo a guardare quell’immagine mi
accorgo che non potevo chiedere di meglio.
A.M.: “Cronache di un numero brillante” è scandito da
capitoli che hanno come titolo la data precisa degli eventi che il lettore
andrà a leggere, si susseguono così i mesi da giugno 2012 a settembre 2013.
Perché hai scelto il 2012/2013 per raccontare la storia della protagonista Laura
Milani?
Francesco Delvecchio: Volevo dare l’idea al lettore
di come scorre il tempo all’interno del romanzo, oltre che scandirlo con i
cambiamenti che andranno a caratterizzare la protagonista (anche estetici) ho
voluto inserire una sorta di time-line. Molti mi hanno chiesto come mai sei
partito dal 2012? Per me quel biennio, 2012/2013, ha segnato un punto di
svolta, da adolescente sono diventato uomo sia anagraficamente che
interiormente. Proprio come Laura. Ho lasciato la spensieratezza del periodo
adolescenziale, il cui unico pensiero era lo studio (premetto che per me a 19
anni l’università richiedeva impegno e dedizione quindi non è solo un pensiero ma
è una vera e propria responsabilità verso se stessi) per approcciarmi al mondo
del lavoro, probabilmente non ero pronto a quel tipo di responsabilità
accademica. Inoltre trovo interessante quel biennio perché, molto tempo dopo,
mi sono accorto che ha segnato un cambiamento della società, per come la
conosciamo oggi. All’epoca molti utilizzavano i “Nokia” (proprio come Laura), i
telefoni con le testiere fatte di soli numeri, gli smartphone sono arrivati in
contemporanea, quindi c’è stato una sorta di contrappasso che ha segnato
sicuramente anche il modo di vedere il mondo. Un piccolo mezzo che ci dà la
possibilità di comunicare, di cercare l’amore, di viaggiare, di metterci in
contatto tramite i social. Il social prima lo usavamo nei momenti liberi quando
tornavamo a casa, dopo il lavoro o dopo le uscite serali, ora nei momenti
liberi (ammesso che ci siano) cerchiamo di dedicarci alle persone. Sì, si è
capovolto il mondo, il modo di socializzare. Ho voluto raccontare all’interno
del mio libro questo cambiamento perché lo trovo davvero un fattore
caratterizzante di quel periodo e di una generazione che è cambiata senza
accorgersene. Laura non aveva la benché minima curiosità nell’usare uno
smartphone, le bastava mandare un SMS per essere in contatto con i suoi amici.
Follia, un SMS probabilmente molti non sanno nemmeno cosa sia. Sembra strano
dirlo, mi sento come mio padre mentre mi racconta degli anni ‘70 o ‘80 e di
come ci si divertiva con poco. I cambiamenti però non vengono mai per nuocere,
lo dico sempre, basta solo saperli prendere e farli nostri. Magari oggi vediamo
la tecnologia come un mezzo che ci tiene distanti, io la vedo come un modo
invece per tenermi sempre in contatto con chi magari non posso vedere per via
delle distanze. Anche se non deve essere un deterrente da preferire a chi ci
circonda.
A.M.: Ogni scrittore immette nei fogli qualcosa di sé,
eventi che hanno segnato la vita o semplici passioni. Ad esempio Fernando
Pessoa ha creato un vero e proprio mondo popolato dai suoi eteronimi. Leggendo
la tua biografia non si può non restare colpiti dalle “coincidenze” fra te e
Laura. La protagonista è una sorta di tuo alter ego letterario?
Francesco Delvecchio: Beh effettivamente solo un
occhio parecchio attento può notare il legame tra Laura e la mia biografia.
Scherzo, però ci tengo a dire che Laura non è Francesco Delvecchio. Sicuramente
ha molto di me, perfino alcune esperienze sono uguali alle mie per esempio:
come Laura ricordo ancora il grido di paura della mia collega che si propaga,
grazie all’interfono, in tutto il negozio a seguito dell’assurda caduta di una
bambina dal secondo piano dello stesso. Oppure ricordo ancora la frenesia che
animava il negozio e che mi caricava per il turno che stavo per iniziare. Però
Laura ha sviluppato nel romanzo una vita propria, fatta di scelte differenti
dalle mie per alcuni aspetti. Trovo che lei sia una ragazza coraggiosa seppur
apparentemente fragile, io sto imparando da lei per certi punti di vista. Di
base però effettivamente il suo personaggio mi appartiene particolarmente
dall’università abbandonata alla passione per la moda fino ad arrivare
all’amore per la scrittura. Non è stato molto semplice scrivere di lei.
Comunque riprendendo Fernando Pessoa lui ha creato un mondo di eteronimi,
proprio come dici tu ed infatti in questo romanzo c’è molto di me ma non solo
in Laura ma in quasi tutti i personaggi. Nel modo di fare sono un po’ Sergio e
un po’ Daniele anche se i due sono molto diversi fra loro, parte della
frustrazione di Carlo e Laura l’hanno ereditata da me oppure il modo di vedere
l’amicizia come fanno Clara o Laura, selettiva, anche quella è una mia
peculiarità. Tutti però hanno in comune una caratteristica che se vogliamo li
accomuna, ovvero, il modo di affrontare le cose. Trovo che abbatterci sia
fisiologico in alcuni momenti, solo che non deve essere uno status ma un
momento di riflessione. Si di riflessione con noi stessi, riorganizzarsi e
rimetterci su una strada alternativa per continuare dritti verso ciò che
davvero si vuole. Quindi ammetto che questa fra tutte le caratteristiche che ho
donato ai miei personaggi è quella che mi rende più orgoglioso.
A.M.: Nel tuo sito personale si legge in maiuscolo il
motto: “Vivi la tua vita sempre come vuoi, con libertà e con audacia, anziché
farla vivere agli altri”. Laura l’ha dovuto imparare con una dura battaglia ma
non sempre le persone accettano di “conoscersi”. Qual è il motivo?
Francesco Delvecchio: Hai ragione, hai detto bene,
non sempre le persone accettano di conoscersi. Laura inizialmente è l’ombra di
se stessa se vogliamo, trova più semplice dire “sì va bene lo faccio, faccio
come vuoi tu” piuttosto che prendere una decisione per se stessa. Il motivo?
Probabilmente uno dei motivi potrebbe essere la paura di osare, di sbagliare,
insomma di fare quell’errore che crede irrimediabile. In un vecchio film con
Hilary Duff, ad un certo punto, appare una frase su un muro che recita: “Non
lasciare mai che la paura di perdere ti impedisca di partecipare”.
Quanti di noi compiono questo errore? Ma soprattutto, quanto
tempo ci mettiamo prima di mettere in pratica il concetto di questa frase che
alla fine sembra solo una frase fatta, una frase ad effetto? Beh ognuno ha i
propri tempi, è la risposta che mi sento di dare. Laura, per esempio, ci è
arrivata dopo aver preso un sacco di batoste da “amici”, uomini e perché no
anche colleghi. Le sue avventure alla fine sono propedeutiche, se vogliamo,
alla formazione di quello che sarà il suo nuovo punto di vista, il modo in cui
inizierà ad affrontare le vicende e le vicissitudini che la riguardano.
L’università sbagliata, il fidanzato sbagliato, gli amici sbagliati sono tutte
tappe (non necessariamente obbligatorie, non mi azzarderei mai di dire questo)
che alla fine vanno a influenzare, a cambiare le persone che siamo. Laura che
queste cose le ha provate tutte lo sa bene, non a caso il titolo del romanzo
inizia con “Cronache”. Una semplice esperienza come può anche essere un viaggio
da soli ci può segnare in modi che nemmeno ci aspettiamo. E per ricollegarmi alla
frase che hai citato nella domanda, quella che rappresenta l’insegna del mio
blog, ci tengo a sottolineare che vivere la propria vita non deve essere solo
un atto di coraggio, ma anche un gesto di libertà e di rispetto a quella vita
che infondo ci siamo guadagnati.
A.M.: Riporto un estratto dal libro: “«Mio padre non è
molto tollerante, non tollera i ragazzi effemminati, i ragazzi che fanno cose
da donna, i gay. Capisci bene quindi che per me è parecchio difficile dirgli
come sono.» Trasse un sospiro, volgendo nuovamente lo sguardo all’amica. «Mia
madre è mia madre, sono sicuro lo sappia, mi fa sentire a mio agio. Nemmeno a
lei ho avuto il coraggio di dirlo però. Non ho voluto caricarla di un peso da
tenere per sé.»” Un breve dialogo fra Daniele e Laura che rispecchia
perfettamente il timore di molti ragazzi (e ragazze) per la cosiddetta
confessione dell’orientamento sessuale ai propri genitori. Ricordando che il
romanzo è ambientato nel 2012, secondo te, oggi qualcosa è cambiato oppure non
ci si è mossi dalla preoccupazione di poter ferire i genitori? Prima della tua
risposta devo elogiare la profondità del tuo ragionamento nel sottolineare il
modo in cui Daniele preserva la madre dall’incombenza di venire a conoscenza di
una confidenza (un segreto che conosce già ma di cui non si è parlato) che
potrebbe mettere in difficoltà il rapporto di coppia con il padre.
Francesco Delvecchio: Che dire?! Questo è uno dei
miei capitoli preferiti. La referente della mia casa editrice (Albatros il
filo) lo ha definito una “pausa nella trama”, trovandolo interessante, io
invece lo definirei come “un momento essenziale” nella storia dei protagonisti.
Sì, perché fondamentale qui Laura capisce che anche un ragazzo così “libero” e
senza peli sulla lingua, come Daniele, abbia delle difficoltà ad esprimersi per
di più con i suoi genitori che dovrebbero essere il suo porto sicuro. Daniele
invece “forte”, allegro e di carattere (l’opposto di Laura, tranne per l’essere
allegro) si ritrova a mostrare la sua parte più fragile, il suo tallone
d’Achille, la sua vita vissuta a metà. Nel 1800 come nel 1900 e come anche nel
2000 i ragazzi e le ragazze che sentono di avere un orientamento sessuale
diverso da quello che solitamente si definisce “tradizionale” o “normale”
tendono a tacerlo soprattutto negli ambienti intimi come le amicizie strette e
soprattutto le famiglie. Si è vero negli anni 2000 si è fatto passi da gigante
ma lo stigma esiste ancora, purtroppo aggiungerei. Una persona non riesce a
fare quell’“agognato” e probabilmente necessario coming out per svariati
motivi. Uno può essere sicuramente la paura di far mutare il rapporto che si ha
con le persone più care, amici e parenti appunto, di essere visti in modo
differente seppur “accettati”. È difficile da spiegare ma un genitore in molti
casi, dopo una rivelazione del genere, cambia la visione che ha del proprio
figlio o figlia, la/o vede più fragile, da proteggere dalle “avversità del
mondo etero e bigotto”. Ma un figlio o una figlia non chiede questo, non chiede
compassione, non chiede protezione, chiede solo “normalità”, la stessa che
c’era prima di dirlo. Un altro dei motivi invece, come nel caso di Daniele, è
quello che riguarda la preservazione del rapporto famigliare. Sì. perché molto
spesso si hanno genitori di ampie vedute (come sua madre) e genitori con vedute
più ristrette (come suo padre) e si crede che dirlo possa rappresentare
l’inizio di diatribe famigliari, nate a causa di questo modo di essere, quindi
si preferisce fare silenzio, omettere. Una persona omosessuale preferisce,
oggi, il più delle volte, rendersi spontaneo di fronte agli estranei senza
creare quella rete di bugie e omissioni che si è costretti (da sé stessi o dal
contesto in cui si vive) a tenere in piedi piuttosto che dirlo in casa, almeno
non si rovinano le aspettative e si dà vita ad un rapporto limpido, senza ombre
e segreti. Prima ho detto che anche con gli amici si tende a tenere il segreto,
soprattutto con quelli stretti, con quelli che fanno finta di non saperlo. Il
motivo? Perché fanno finta di non saperlo! Alle volte il tacito assenso non fa
altro che provocare lassismo nella persona in questione (dico persona perché
non solo i ragazzi/e hanno queste difficoltà) e quindi è meglio lasciare il
rapporto così com’è, a metà. Non esistono dei momenti per dirlo, esiste solo
l’accettazione di se stessi che renderà naturale farlo. Per questo mi sento di
dire assolutamente che accettarsi e volersi bene è il primo passo per non
vivere più a metà, per vivere liberi. Questo momento può arrivare all’improvviso
o anche dopo l’aiuto di chi davvero sa ascoltare senza far aprire bocca, in
questo Laura è stata formidabile.
A.M.: Hai ricevuto qualche critica costruttiva dai tuoi
lettori su uno o più personaggi secondari a cui avresti dovuto dare più spazio?
Francesco Delvecchio: A dire il vero sì. Una delle
recensioni che più mi ha colpito è stato da parte di una ragazza che si è
rivista nel personaggio di Laura, nelle sue difficoltà e nelle decisioni non
prese. Mi ha detto di essersi commossa addirittura. Io credo che arrivare al
cuore anche di una sola persona sia il traguardo più bello e unico che uno
scrittore, un cantante, un attore, un artista in generale possa mai
raggiungere. C’è chi ha ammirato la figura di Marianna “la Tedesca” per il suo
essere così sicura, autorevole e indomita. C’è chi mi ha scritto per dirmi:
“quanto vorrei un’amica come Stella da tenere sul comodino di casa, sempre
pronta a consolarmi col suo fare materno”. Anche la cattiveria e le maniere
poco carine di Caterina non sono passate inosservate: “… ho una Caterina uguale
anche io a lavoro, la mia solidarietà a Laura.”.
Qualcuno mi ha detto che non ho dato molto spazio alla
storia di Daniele, di non aver approfondito a dovere la sua situazione. Io ho
accettato questa critica ma al contempo ho risposto semplicemente che questa
non è la storia di Daniele, ma che probabilmente un giorno la potrei affrontare
più dettagliatamente e più in profondità. C’è chi ha ritenuto troppo perfetto
Sergio per essere vero. Posso assicurare che ho avuto il bellissimo piacere di
conoscere persone anche come lui, quindi posso affermare che esistono. Molti
personaggi hanno dei caratteri e delle storie alle spalle che li rendono “da
scoprire” e magari è proprio questo quello che volevo, che non ci si affezionasse
solo a Laura, ma anche a tutto il contesto di questi ultimi che la circonda, di
quelli che animano il microcosmo di “Cronache di un numero brillante”.
Io credo che i personaggi migliori, in generale, siano
quelli che prendono le sembianze delle persone per le quali proviamo un
qualsiasi sentimento, che possa essere, rabbia, stima, odio, amore o semplice
affetto. L’ispirazione che ci dà una persona è da tenere sempre preziosamente
conservata, a prescindere da quale sia il sentimento.
A.M.: Hai in programma delle presentazioni del libro nei
prossimi mesi tra primavera ed estate? Se sì, dove potremo seguire le date?
Francesco Delvecchio: Ho qualcosa in mente, ma
sicuramente lo renderò pubblico quando sarà più concreto, e per questo
consiglio di visitare il mio sito nel quale poter seguire gli sviluppi e le
novità di Cronache di un numero brillante (troverete tutti i social in cui sono
presente, Instagram, Facebook, Tik Tok, Twitter).
Comunque sia questo percorso è iniziato con una prima
presentazione il 31 febbraio 2023 alla Feltrinelli di Bari. La cosa che mi ha
emozionato più di tutte era vedere, sicuramente amici e parenti accalcarsi per
ascoltarmi, ma soprattutto cogliere l’interesse di passanti, di estranei che
occupavano le poche sedie rimaste vuote per sapere di più sul mio romanzo.
Quella serata, quella prima volta, la posso descrivere con una sola parola,
incredibile. Il relatore inoltre, Francesco Valente, mi ha aiutato a rendere
magico quel momento, non potevo chiedere di meglio. Poi è arrivato il 19 maggio
2023 data in cui ho partecipato al Salone del libro di Torino. Il mio primo
Salone del libro, per di più come autore, indimenticabile. Un’esperienza unica,
sono convinto che almeno una volta nella vita ci si debba andare anche se non
si è dei grandi lettori. Andarci significa vivere una vera e propria
esperienza. Mi ricordo ancora il momento in cui ho varcato quei cancelli e in
cui ho trovato sullo stand della casa editrice, con cui ho pubblicato, il mio
libro esposto in bella mostra. È assurdo per me pensare come sia stato
possibile l’avverarsi di un tale sogno. Continuerò sicuramente a portare in
giro la storia di Laura, a raccontare di lei e del suo pazzo mondo, quindi vi
invito con gioia a seguire tutti gli sviluppi di questo percorso appena
iniziato.
A.M.: Ci puoi anticipare qualcosa riguardo alle tue
future pubblicazioni? Stai scrivendo una nuova storia oppure è già terminata e
chiusa in un cassetto?
Francesco Delvecchio: A questa domanda mi fa sempre
piacere rispondere. Sì c’è un piccolo progetto nel cassetto che sto iniziando a
mettere in moto, la scrittura non l’ho mai messa da parte, anzi quando posso
cerco di articolare quest’ultimo sempre al meglio. In questo momento, però, sto
dedicando le mie energie a “Cronache di un numero brillante”, una creatura
appena nata che sta iniziando a mettere i suoi primi passi al mondo, quindi per
il momento sentirete parlare solo di Laura Milani.
A.M.: Salutiamoci con una citazione…
Francesco Delvecchio: Per rimanere in tema con la
storia di Laura e l’insegna del mio blog nessuna citazione è più giusta di
questa di Oscar Wilde: “La vita è troppo breve per sprecarla a realizzare i
sogni degli altri.”
A.M.: Francesco ti ringrazio per aver dedicato così tanta
cura nelle tue risposte, si nota la tua passione e la sincerità nella
condivisione delle tue scelte di vita. Invito i lettori a conoscerti meglio
attraverso il tuo sito web e social media e saluto prendendo in prestito le
parole di Carl Gustav Jung: “Pensare è molto difficile. Per questo la
maggior parte della gente giudica. La riflessione richiede tempo, perciò chi
riflette già per questo non ha modo di esprimere continuamente giudizi.”
Written by Alessia Mocci
Info
Visita il sito di Francesco Delvecchio
https://www.francescodelvecchio.com/
Fonte
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