“Nessuna parola,
nessuno sguardo, nessun cenno. Solo silenzio. […] Silenzio che va al di là del
tutto, al di là del niente, al di là di due occhi che guardano e sorridono.
Nessuna parola. Solo foglie che carezzano volti, vento che scuote pensieri,
luce che illumina occhi. […] Nessuna parola. Solo misteri. Misteri che
albergano nei cieli, che toccano terre, che sfiorano amori. E venti che suonano
musiche silenziose, musiche che attorniano corpi armonici e regalano immensità.”
- Prologo - “Silenzi Messaggeri”
Ascoltarsi, insidiare
il silenzio per esserne travolti. Svuotare la mente mettendo a fuoco
l’intimo, una fotografia che attraversa i mondi lasciando scie, tracce del
passaggio, fili che gli animi nobili percorrono per sentirsi a casa.
“Silenzi Messaggeri”
edito da Il Filo Gruppo Albatros è la seconda pubblicazione della giovanissima Stefania Meneghella, nata
a Bari nel 1994.
L’autrice sin dai
sette anni si lascia inebriare dalla scrittura e, precocemente, produce i
primi racconti. La prima pubblicazione è del 2012, una raccolta di aforismi per
la casa editrice Pensieri e Parole, “Dieci anni di Pensieri e Parole”.
Il romanzo “Silenzi
Messaggeri” è un insieme di prosa ed utilizzo di figure retoriche della poesia
nel quale, con criterio armonico, si
diluiscono insieme silenzi e musica in un procedere di mondi paralleli, di
parole che si ripetono, di immagini che ritornano alla mente e che riecheggiano
stati d’animo.
Non c’è spazio, non c’è tempo: i due protagonisti, Jamie e Schlomo, si rincorrono attraverso l’assenza
di tatto, di vista. È uno scriversi, è un pensarsi costante che lega i due
corpi in una sola anima.
Stefania Meneghella
nei suoi silenzi ha intercettato quest’anima - questa forte emozione -
impedendo che la storia dei due si perdesse nella dimenticanza. “Silenzi Messaggeri” scaturisce dal bisogno
di dar memoria a Jamie e Schlomo, e ci offre la possibilità di vivere per
un istante l’essenza dell’amore per la vita.
Ed eccovi Stefania
che si racconta a noi lettori con una significativa sincerità.
A.M.: Ciao
Stefania, è sempre un immenso piacere poter parlare direttamente l’autrice del
proprio libro perché mi permette di scoprire curiosità ed aneddoti sulla sua
creazione. Mi incuriosisce, infatti, la genesi del titolo del tuo libro
“Silenzi Messaggeri”.
Stefania Meneghella: Il
piacere è tutto mio. Il titolo del mio romanzo è nato in maniera del tutto
spontanea; dopo aver scritto l’ultima parola dell’ultima pagina, ho ripensato a
come avrei potuto intitolare il tutto. Ma il nome era già lì, nella testa e nel
cuore: “Silenzi Messaggeri”. Il significato risiede nel mio desiderio di
comunicare l’importanza del silenzio, un non-luogo che non deve restare in
unico posto, ma che deve viaggiare, deve essere appunto “messaggero”, come
accade nella storia di Jamie e Schlomo, uniti da fili invisibili che si
tramutano in silenzi e che viaggiano attraverso la natura. I silenzi sono così,
li troviamo così: in tutto ciò che si muove e che ha la capacità di
trasportarsi da un luogo all’altro, da un corpo all’altro, da un’anima
all’altra.
A.M.: Il tuo
romanzo presenta una dedica importante. Recita: “Alla mia famiglia/ che mi ha insegnato a credere nel silenzio”.
Importante sia per l’affetto che mostri ai tuoi familiari sia per il “silenzio”
ed il credere in esso, una dote a mio parere che, in questi tempi moderni,
dimenticata. Dunque, Stefania, cos’è per te il silenzio e quanto ti ha aiutato
nella stesura del romanzo?
Stefania Meneghella: Ho
avvertito la necessità di dedicare l’intero libro alla mia famiglia, perché è
vero: grazie a loro, ho capito, ho apprezzato il silenzio, che è stato per me
fonte d’ispirazione per tutta la mia vita. Ricordo che, durante la mia
infanzia, adoravo restare in disparte a pensare e a scrivere. Mia madre mi
diceva e mi dice sempre che il modo migliore per migliorarsi nella vita è
conoscersi. Dunque, all’epoca gli altri bambini giocavano tra loro, ma io a
volte entravo in un mondo tutto mio, ed era grandioso. Non ero asociale, non lo
sono mai stata; ma credo che ognuno di noi abbia bisogno di un momento della
giornata per ritrovare sé stesso e per capirsi, apprezzarsi, conoscersi.
Schlomo, in una delle sue lettere rivolte a Jamie, le dice: “solo in silenzio possiamo fare grandi cose”.
È ciò che li accomuna: il silenzio. E, nella storia, loro due sembrano essere
gli unici ad aver compreso l’importanza del silenzio, al contrario del resto
del mondo che invece sembra averne paura.
A.M.: Presenti la
tua protagonista, Jamie, ad incipit di “Silenzi Messaggeri”. Jamie cammina in
un paesaggio che si disperde nella neve, immersa nei sui pensieri, nel silenzio
del candore che i suoi occhi percepiscono e pensa al significato della vita: “vivere significava qualcosa di molto più
grande rispetto al semplice fatto di essere vivi”. Puoi esplicitarci questa
differenza fra “vivere” ed “essere vivi”?
Stefania Meneghella: Jamie
sembra averla capita prima degli altri questa frase ma, per quanto si sforzi,
non riesce a vivere davvero, attanagliata da un passato che le provoca
sofferenza. Il paesaggio che la attornia è infatti lo specchio del suo stato
d’animo: freddo, ghiacciato. Lei è viva, ma non vive. “Essere vivi” significa
per me avere gli occhi aperti, camminare, mangiare, dormire, essere una
persona. Ma “vivere” è un’altra cosa: vivere vuol dire esserci pienamente nella
vita, camminare con gli occhi rivolti al cielo, fantasticando su quante forme
possano assumere le nuvole e cercando il proprio volto; oppure, aspettare la notte
solo per addormentarsi e sognare cose che nella realtà non potremmo mai
incontrare. Insomma, vivere significa per me riflettere su ogni cosa che la
natura ci offre, rifletterci e cambiarci per poter cambiare ciò che ci
circonda.
A.M.: Nel terzo capitolo appare Schlomo. Lo scenario è
completamente diverso, dalla neve siamo stati catapultati in territori caldi e
colorati. La Luna ed il mistero però restano una costante. Schlomo vive nel mondo dei pensieri, è
affascinato dalla possibile creazione di questi nella realtà. Che cosa
significa esattamente estrapolare il pensiero per farlo divenire Luna?
Stefania Meneghella: Schlomo
vive in un mondo costruito da sé stesso, un mondo completamente distante da ciò
che lo circonda: è il mondo dei suoi pensieri. Nessuno lo capisce, nessuno lo
conosce davvero. Tranne Jamie e la Luna. Quest’ultima è un elemento molto
presente nel romanzo, che ci ricorda che siamo un tutt’uno con il cielo e con
ciò che conta davvero. Schlomo la guarda in ogni momento, soprattutto quando si
sente solo; per lui non è solo un satellite che compare nel cielo ogni notte; è
molto di più. A volte, la Luna prende l’aspetto del volto di Jamie, a volte del
volto del padre. Due persone, loro, che non sono fisicamente vicino a Schlomo e
di cui lui sente una mancanza costante. La Luna rappresenta per lui quindi
l’emblema di quel mondo che si è costruito solo attraverso i suoi pensieri, un
punto di riferimento, quasi un amico che lo sostiene negli attimi di
difficoltà, una guida che lo accompagna nel suo percorso un po’ tortuoso.
A.M.: Schlomo e
Jamie si incontrano per la prima volta nel 1996. È un incontro “magico”, ci
puoi raccontare perché avviene e quali particolarità ha?
Stefania Meneghella: Una
particolarità è che – lo rivelo per la prima volta - Jamie e Schlomo esistono davvero; dunque, la
descrizione di quell’attimo non è stata pienamente dettata dalla fantasia, ma
da un pizzico di realtà che spesso diventa molto più “magica” di ciò che
crediamo. Ho voluto lasciare una sfumatura di mistero sul loro incontro,
proprio perché il loro è stato un legame misterioso sin dall’inizio. I due
vivono in due città diverse e completamente distanti ma, nonostante questo, i
loro destini si uniscono una sera d’estate. Era una festa a cui Jamie non
doveva andarci, non voleva. Nel libro, non descrivo dettagliatamente perché si
trovasse lì quella sera, e come quelle due città così distanti si siano unite
in un unico luogo. È stato un incontro di due anime separate, con vite
separate, con passati separati, che per un secondo si sono incontrate e hanno
deciso di sfiorarsi. Forse risiede proprio qui la magia di quel momento: nell’imprevedibilità
del loro sguardo.
A.M.: “Fili invisibili nascere,/ silenzi crescere,/
anime incontrarsi.” È con questi tre versi che concludi diversi capitoli
del tuo romanzo. Come nascono e che cosa rappresentano? Ed un’altra domanda mi
sorge spontanea: ti diletti anche nella scrittura di poesie?
Stefania Meneghella: Sì,
scrivo anche poesie, anche se non in modo continuativo come la stesura di
storie in prosa. Ho sempre amato la poesia: per questo ho voluto creare uno
stile che io chiamo “prosa in poesia”. Per me la poesia è ovunque, e non può,
non deve essere isolata da altri generi letterari. Con i tre versi che utilizzo
per concludere vari capitoli del libro, ho voluto dividere l’intera storia di
Jamie e Schlomo in tre fasi che, per essere pienamente comprese, occorre
chiudere gli occhi e catapultarsi pienamente nelle mie pagine. Ci sono due
anime diverse che vivono storie che, apparentemente, non si incontreranno mai.
Due luoghi, due corpi, due sogni, due vite. Tutto in due. Lentamente, pian
piano, da uno sguardo, iniziano a nascere dei fili. Invisibili. Nessuno li
vede, nessuno li conosce. Due fili che fanno crescere i silenzi che sono,
appunto, “messaggeri”. E, proprio il loro vagare da un luogo all’altro, rende
possibile l’incontro di quelle due anime, che non è un incontro di corpi, ma di
spiriti, di sogni, di ciò che si ha dentro. Ha vita così un legame.
A.M.: La peculiarità
più evidente che posso scorgere dalla lettura di “Silenzi Messaggeri” è l’uso
costante della ripetizione, quasi come se questo tuo narrare fosse canto o una
melodia che proviene dal passato, quasi come se fosse una storia che da
millenni si sia tramandata di bocca in bocca, di pensiero e pensiero cercando
uno scioglimento dall’oscurità della dimenticanza.
Stefania Meneghella: L’utilizzo
di questo stile ripetitivo è in realtà ad interpretazione libera, ma tra i
tanti significati che vorrei esprimere c’è anche questo. Il rendere tutta la
storia una leggenda, una filastrocca, un inno alla vita e alla speranza.
Inoltre, importante per me è il senso che ho voluto dare alle emozioni
dell’anima, siano esse positive o negative. Tutto va per poi ritornare, come un
circolo di sentimenti. Il dolore che prova Jamie non la abbandona mai; dunque
ritorna sempre nel suo inconscio in modo non indifferente. Lo stesso accade per
i pensieri, o per l’amore, qualcosa di non statico, ma che si muove in
continuazione. Penso che noi possiamo imparare tanto dalle parole, e che nella
nostra mente ci sia sempre questo fluire di pensieri che non ci abbandona mai.
A.M.: Qual è
l’ultimo libro che hai letto? E quale leggerai stanotte? Oppure sei nuovamente
in fase creativa per la prossima pubblicazione? Ci puoi anticipare qualcosa?
Stefania Meneghella: Al
momento sto leggendo “Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulhawa, un romanzo che
tratta il continuo conflitto tra Israele e Palestina, e con esso le lotte e i
sacrifici di chi ha perso e sta perdendo tutto ciò che aveva di più caro. Ho in
mente tante storie da raccontare, tante idee che vorrei potessero
concretizzarsi presto. Ma, per ora, non posso rivelare ancora nulla.
A.M.: Hai in
programma qualche presentazione o fiera letteraria nella quale sarà possibile
incontrarti e magari acquistare una copia autografata del tuo “Silenzi
Messaggeri”?
Stefania Meneghella: Il
mio libro sarà certamente presente, dal 7 all’11 dicembre, alla Fiera del libro
di Roma. Dal 18 al 22 maggio 2017, sarò invece alla Fiera Internazionale del
libro di Torino. Sono in cantiere una serie di presentazioni quindi seguitemi
sul mio sito web per restare aggiornati!
A.M.: Di norma,
mi piace terminare le mie interviste con una semplice richiesta: una citazione
a te cara.
Stefania Meneghella: Mi
piacerebbe concludere l’intervista con una poesia scritta da Virginia Woolf,
mia musa letteraria e punto di riferimento in tutto ciò che faccio e che
scrivo. È una poesia che, apparentemente, potrebbe incutere malinconia ma che,
personalmente, mi induce a credere nell’eternità dei sentimenti.
“Guardare la vita/ In faccia,/ sempre,/ guardare la vita,/ in faccia,/ e
conoscerla,/ per quello che è;/ al fine,/ conoscerla,/ amarla,/ per quello che
è,/ e poi,/ metterla da parte./ Per sempre, gli anni che abbiamo trascorso./ Per
sempre, gli anni./ Per sempre, l’amore./ Per sempre, le ore”. “Le ore” - Virginia Woolf
A.M.: Stefania ti
ringrazio per la splendida poesia che mi hai fatto rammentare e per esserti
aperta a me ed ai nostri lettori. E credo che la miglior “fine” di questo
nostro dialogare sia un estratto di “Silenzi Messaggeri” che da qualche giorno
mi riecheggia nella mente: “La fine del
silenzio avviene nell’esatto momento in cui il mondo diviene caos, diviene
lotta continua, battaglia tra chi si è e chi si deve essere; avviene quando
pugni sostituiscono carezze, quando sguardi divengono armi per combattere, e
tutto assume l’aspetto di un’illusione. Un’illusione che porta a non credere,
non sognare, non sperare. Un’illusione che porta via quel silenzio insito
nell’anima, la fine dell’eternità. Il per sempre esiste solo con il silenzio;
il silenzio esiste solo con la natura. E chiudere occhi, attorniati dal vento
che scuote capelli, dalla luce che illumina occhi, dalle foglie che carezzano
volti; e sognare, sognare amori che non hanno ancora la forza di morire,
sognare qualcuno che ci prenda per mano e ci porti in una vita di silenzi, in
una vita di prati verdi e fiori che, nonostante tutto, sbocciano in primavera,
come albe al mattino, come Soli che tramontano e risorgono ogni giorno. Nessuna
parola, nessuno sguardo, nessun cenno. Solo silenzio.”
Written by Alessia Mocci
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