“[…] Ogni corporazione
d’artigiani praticava in comune sia la vendita dei prodotti che gli acquisti in
comune delle materie prime, e i suoi membri erano al tempo stesso mercanti e
lavoratori manuali. Perciò il predominio raggiunto dalle antiche corporazioni,
nella fase iniziale di vita della libera città, assicurò al lavoro manuale
l’alta posizione che occupò in seguito nella città stessa. Infatti, in una
città del Medioevo il lavoro manuale, stando a uno dei ‘misteri’, era considerato
come un pio dovere verso i cittadini, una funzione pubblica, e, qualunque fosse,
era sempre onorevole.” ‒ “Il Mutuo Appoggio” ‒ Digest”
Storico di
formazione, Giancorrado Barozzi dal 1986 al 2000 ha diretto l'attività
scientifica dell'Istituto Mantovano di Storia Contemporanea. Per conto della
Regione Lombardia e di altri Enti ha realizzato ricerche nei campi della storia sociale, delle tradizioni del
lavoro e della narrativa orale.
È direttore della
collana "Il Pasto Nudo, assaggi di antropologia" per la Negretto
Editore con la quale ha pubblicato "Cartiera Burgo. Storie di operai,
tecnici e imprenditori nella Mantova del Novecento" e nel 2013 “Altruismo e cooperazione in Pëtr A.
Kropotkin”, saggio che presenta il Mutual Aid del filosofo e scienziato
russo Kropotkin ed il Digest della scrittrice americana Miriam Allen deFord.
Giancorrado Barozzi è
stato molto disponibile nel rispondere ad alcune domande che ci mostrano la
sorprendente modernità delle teorie di
Kropotkin.
A.M.: Ciao
Giancorrado, vorrei iniziare congratulandomi per la pubblicazione di “Altruismo
e cooperazione in Pëtr A. Kropotkin”, opera di divulgazione del pensiero del filosofo
e scienziato russo Pëtr Alekseevič Kropotkin. Il saggio è stato pubblicato a
centosettant’anni dalla nascita del filosofo russo (Mosca, 9 dicembre 1842 ‒ Dmitrov, 8 febbraio 1921) per commemorare questo grande intellettuale
ormai quasi del tutto sconosciuto in Italia. La mia prima domanda ci porta alla
genesi del libro: quando hai conosciuto Pëtr Alekseevič Kropotkin e perché
nasce la necessità di divulgare il suo pensiero?
Giancorrado Barozzi: È
una lunga storia. Tra i sedici e i diciotto anni d’età (quindi tra la fine del
1966 e il 1968, essendo nato nel 1950) avevo letto per la prima volta, o meglio
“divorato”, molti libri di Kropotkin, credo tutti quelli che allora erano già
tradotti in italiano, da Memorie di un
rivoluzionario a La conquista del
pane, da Campi, fabbriche e officine ad,
appunto, Il Mutuo Appoggio, e così
via. A quel tempo, frequentavo il liceo e, nel tempo libero, collaboravo
assiduamente alle attività di un circolo culturale della mia città, intitolato
alla memoria dell’avvocato e conferenziere anarchico del XIX sec. Luigi
Molinari. Dopo l’alluvione veneziana (oltre che fiorentina) del 4 novembre 1966,
la minuscola bibliotechina circolante del “Molinari” si trovò di colpo
arricchita per l’arrivo di numerosi volumi di saggistica libertaria, provenienti
dal circolo anarchico di Venezia, i cui locali erano stati completamente sommersi.
Gli autori di quei libri salvati dalle acque, alcuni piuttosto malconci e in
edizioni dei primi del Novecento, erano, in prevalenza, Malatesta, Bakunin,
Herzen, Arscinov e, appunto, Kropotkin. Negli anni a seguire, quelle letture costituirono
per la mia mente un cibo essenziale. In particolare, su tutti gli altri autori,
Kropotkin mi parve offrire, ne Il Mutuo
Appoggio, un’interpretazione realistica e costruttiva delle società umane e
della loro storia. Visione per nulla “utopistica”, basata sull’esercizio della
cooperazione e della reciprocità: valori che, in quella stessa stagione, di
fatto, io vidi messi in pratica da parte delle tante squadre di giovani volontari
che, come me, si recarono a Firenze, convenuti da ogni parte d’Italia, per aiutare
la città alluvionata a risollevarsi. Si trattava insomma di quella generazione
di nati nel dopoguerra che il regista Giordana, nel titolo pasoliniano dato al
suo film, ha poi voluto chiamare La
meglio gioventù. Col passare degli anni, mi stupii notevolmente nel
ritrovare, nel corso dei miei studi storici e filosofici, la presenza delle
idee mutualistiche di Kropotkin, espresse quasi sempre senza alcuna indicazione
della fonte, nelle opere di altri autori di culto, dal Saggio sul Dono dell’antropologo Marcel Mauss sino agli scritti
recenti della brillante saggista statunitense Rebecca Solnit. Segno che il pensiero
di questo vecchio scienziato russo non era affatto cosa morta, ma anzi doveva
essere riuscito a penetrare in profondità, sia pure (come ho detto) quasi
sempre in incognito, in quelle che consideravo, e tuttora considero, le più
avanzate manifestazioni del pensiero e della pratica sociale del nostro tempo.
S’imponeva dunque con urgenza, a mio parere, il compito di ridare “a Cesare
quel che è di Cesare”, ossia rivelare ai lettori del nostro tempo il peso
dell’effettiva influenza esercitata dal pionieristico, quanto purtroppo ‒ qui da noi
‒ misconosciuto,
pensiero di Kropotkin su una vasta schiera di epigoni. Inoltre era per me un
obiettivo indispensabile contrapporre all’effimero trionfo dell’egoismo, che
sembra pervadere ogni angolo della nostra società, i valori perenni e duraturi
(ma che non fanno notizia sui media)
dell’altruismo e della cooperazione, senza i quali l’intero nostro mondo crollerebbe
all’istante.
A.M.: Nel primo
capitolo “Egoismo o altruismo” rifletti sul contrasto tra angelico e diabolico
portando avanti la tesi della vittoria dell’altruismo sulla sopraffazione ‒ seppur quest’ultima esistente e continuamente visibile ‒ con il ragionamento per il quale nonostante guerre,
cataclismi ed ingiustizie di ogni tipo l’essere umano abita ancora la Terra ed
è alla continua ricerca di soluzioni per il quieto vivere. “Altruismo e
cooperazione in Pëtr A. Kropotkin” è stato pubblicato nel 2013, dunque a
distanza di cinque anni hai modificato il tuo pensiero oppure continui a vedere
la vittoria dell’altruismo?
Giancorrado Barozzi: Di
primo acchito, potrei cavarmela col dire: dipende dai punti di vista. C’è chi, ad
esempio, vede il bicchiere che tiene tra le manimezzo vuoto e chi invecegiudica
il medesimo bicchiere mezzo pieno. Ma, considerando la questione fuori di
metafora e nel suo insieme, non si tratta di far prevalere, attraverso scelte
infondate, il pessimismo o il suo contrario: l’ottimismo. Il mondo non va nel
modo in cui noi lo percepiamo o come vorremmo che andasse. C’è da essere
consapevoli delle gravi deformazioni soggettive imposte alla realtà dal lavorìo
della psiche umana e delle mistificazioni dicoloro cheriducono l’intera storia
dell’umanità a un perenne contrasto tra il “bene” e il “male”. A tale proposito
i miti e le religioni avevano offertoall’umanità degli splendidi tentativi di
soluzione del problema, o meglio dei suggestivi appigli per la rassicurazione
collettiva. Credenze campate in aria, poiché basate su argomenti di fede del
tutto privi di fondamento scientifico. La questione va impostata diversamente, facendo
appello alla scienza e superando le suggestioni culturali, psichiche e
religiose, che hanno condizionano l’umanità nel passato e, credo, continueranno
a farlo anche in futuro, perché l’essere umano preferisce le illusioni alla
realtà. Un valido punto di partenza per uscire da questa empasse ci è dato dagli studi sull’evoluzionismo compiuti nel XIX
secolo da un naturalista inglese, Charles Darwin. È a partire dalle sue acquisizioni,
ormai pienamente assodate in campo scientifico, ma purtroppo ancora
insufficientemente metabolizzate dalla cultura dominante, che gioverà muovere i
passi per rispondere al grande dilemma morale “egoismo o altruismo” che ha tenuto
impegnate le menti più acute di questi ultimi due secoli. Le quali, a loro
volta, hanno finito però col dividersi in due grandi fazioni: da una parte i
fautori del cosiddetto “darwinismo sociale”, fondato sulla legittimazione dell’“egoismo”
(Dawkins), ossia della supremazia del più “adatto” e/o del più “forte” sulla
massa degli “inetti”, e dalla parte opposta i sostenitori del “mutualismo”,
della cooperazione di gruppo, della disponibilità a mettere al servizio degli individui
della stessa specie le proprie doti e capacità, in vista del conseguimento di
un bene comune. Posizione, quest’ultima, compiutamente formulata, forse per la
prima volta, in virtù dei suoi studi compiuti in campo zoologico e sociologico,
da Kropotkin, e in seguito convalidata, attraverso un’ininterrotta catena di
osservazioni scientifiche realizzate da studiosi di enorme valore (Hamilton,
Price, Gould). Dopo la lettura del Mutual
Aid di Kropotkin, è stato proprio lo studio delle opere degli scienziati
che ho qui menzionato, appartenenti alla seconda corrente del darwinismo, ad
avermi pienamente convinto (come lo sono tuttora) a schierarmi dalla loro parte
e a prendere invece le distanze dalle teorizzazioni sul “gene egoista”
formulate dallo zoologo e divulgatore scientifico Richard Dawkins, il quale, in
ultima analisi, non ha fatto che riproporre la vulgata del vecchio “darwinismo
sociale”, posizione scientificamente assai debole, oltre che politicamente reazionaria
(sebbene, sul piano scientifico, essa sia pur sempre preferibile ai
vaneggiamenti dei “creazionisti”, i quali respingono in blocco la teoria
darwiniana dell’evoluzionismo).
A.M.: “The Mutual
Aid, a factor of evolution” è stato pubblicato a Londra nel 1902 ed è ancora di
grande interesse per le teorie portate avanti sul mutuo appoggio eppure risulta
arduo aver in mano una copia del libro malgrado le numerose ristampe che si
sono susseguite non solo in Italia ma in tutto il Mondo nel corso del XX
secolo. Come spieghi questa difficoltà?
Giancorrado Barozzi: Come
ho già detto, dagli inizi del Novecento sino ad oggi, l’idea del “mutualismo”
si è venuta radicando sempre più presso certi ambienti scientifici e culturali,
e il risultato delle ricerche di Kropotkin è stato plagiato e saccheggiato a
man bassa da illustri studiosi, che se ne sono appropriati, spesso senza
renderne però il giusto merito al loro principale ispiratore. Le motivazioni di
questa sorta di congiura del silenzio, in ambito scientifico, sul nome di
Kropotkin dipendono dal fatto che l’autore russo fu, oltre che un valente
scienziato, anche un acceso propagandista dell’anarchia che, ritengo a torto, era
considerata dai benpensanti un’utopia politica. Ammettere, da parte degli
scienziati accademici appartenenti alla cultura ufficiale, che il padre della
corrente mutualistica del darwinismo era un “utopista” in politica, avrebbe, stando
a loro, finito col compromettere anche la parte “buona” del suo pensiero, quella
basata sulla ricerca sperimentale che aveva portato alla scoperta delle teorie
espresse nel Mutual Aid. Per questo motivo
gli scienziati evoluzionisti, per lungo tempo, hanno preferito evitare di fare
il nome di Kropotkin, ponendo una sorta d’interdetto su di lui, pur ponendosi,
d’altra parte, nel vivo delle loro ricerche, tacitamente sulle orme di questo
stesso autore. I libri di Kropokin, incluso il Mutual Aid, hanno avuto quindi una diffusione esclusivamente interna
al circuito dei lettori interessati all’anarchismo, che ‒ com’è noto
‒ rappresenta
una nicchia fortemente ristretta di lettori, oltre che fortemente
ideologizzata, quando addirittura non settaria. Ecco perché il Mutual Aid, pur circolando in varie traduzioni
in tutto il mondo, ha avuto una circolazione minoritaria e semiclandestina,
affidata quasi esclusivamente a piccole case editrici legate alla propaganda
del pensiero anarchico. Nel caso dell’Italia, ad esempio, il Mutual Aid fu tradotto, nei primi
decenni del Novecento, un paio di volte, per merito, non a caso, di due
esponenti dell’anarchismo italiano: Gaetano Panazzabe Camillo Berneri. Anche se
va detto che, in un primo momento, tra il 1890 e il 1896, quando il pesante
interdetto nei confronti di Kropotkin non si era ancora manifestato, la sua
opera aveva cominciato a diffondersi, a puntate, attraverso il massimo organo
ufficiale del darwinismo, la rivista londinese «The Nineteenth Century». Di lì
a poco però, su diretta istigazione del suo più accanito avversario in campo
scientifico, il “darwinista sociale” Thomas Henry Huxley, che lo tacciò di
“utopista”, Kropotkin fu ostracizzato dalla società scientifica londinese ed
estromesso dalla loro rivista. Da quel momento in poi il suo nome rimase confinato
unicamente entro la ristretta cerchia dei suoi estimatori politici. Il che finì
col nuocere gravemente, nei confronti dell’opinione pubblica, alla sua
popolarità.
A.M.: Il 1900 è
stato alimentato da un’accesa discussione sulle origini dell’altruismo e le
tesi di Kropotkin sono state al centro dei salotti di tutta Europa ed America.
Qual è il maggior oppositore del filosofo russo?
Giancorrado Barozzi: Come
ho già detto, l’evoluzionismo mutualistico di Kropotkin riscosse, sin dal primo
momento, un notevole interesse presso gli ambienti scientifici dell’epoca, in
quanto esso veniva a inserirsi nel contesto più ampio del dibattito, allora in
auge, intorno alle interpretazioni delle teorie darwiniane. Gli articoli di
Kropotkin pubblicati alla fine del XIX secolo sulla rivista «The Nineteenth
Century», che costituirono il primo abbozzo del Mutual Aid, si ponevano infatti in stretta sintonia con l’opera di
Darwin, in particolare col libro The
Descent of Man (L’origine dell’uomo), dato alle stampe nel 1871, nel quale
il padre dell’evoluzionismo mitigò la componente “egoistica” della propria
teoria dell’“adattamento”, così come lui stesso l’aveva in precedenza espressa
ne L’origine della specie (1859), riconoscendo
nella sua nuova opera il valore effettivodella cooperazione e dell’altruismo.
Valore invece ostinatamente negato, ai fini evolutivi, negli scritti di Huxley,
il quale, dopo la morte di Darwin, si autoproclamò custode assoluto del “verbo”
del maestro, meritandosi l’appellativo di “mastino di Darwin”. Nel Mutual Aid Kropotkin polemizzò in tono
esplicito contro Huxley e la sua rigida interpretazione del darwinismo, fondata
sulle opere del primo Darwin, senza tenere in debito conto le integrazioni contenute
ne L’origine dell’uomo. La polemica
tra i due contendenti, avviata sulle pagine della rivista londinese, finì col
travalicare i confini disciplinari, trasformandosi da scientifica in politica. Alla
fine Huxley, in quel contesto, ebbe la meglio, bollando come “utopista” il
proprio rivale, senza peraltro riuscire a confutarne le osservazioni di
carattere squisitamente scientifico. A ben vedere, la polemica si è venuta a
protrarre per oltre un secolo, ben oltre le morti dei due rivali (nel 1895 Huxley
e nel 1921 Kropotkin), coinvolgendo alcune delle le migliori menti sia al di
qua che al di là dell’Atlantico. Durante questo periodo, nel prosieguo della
polemica scientifica, il nome di Kropotkin venne tuttavia a eclissarsi, per le
motivazioni che precedentemente ho già esposto. E fu soltanto nel 1988, in un
articolo comparso su «Natural History», poi ripreso in un fortunato libro del
1991, che il paleontologo e noto divulgatore scientifico Stephen Jay Gould osò
rompere la congiura del silenzio e proclamare i reali meriti dello scienziato
russo, individuando (giustamente) in lui l’autentico capostipite della corrente
evoluzionistica che, per semplificare, potremmo definire “sinistra darwiniana”.
Così anche il mio libro prende le mosse dalle “rivelazioni” fatte da Gould sui
meriti scientifici di Kropotkin. L’obiettivo principale del libro che ho
scritto, proseguendo sulle orme di Gould, è infatti quello di riscoprire più a
fondo il ruolo di primo piano avuto da Kropotkin in campo scientifico; ruolo
troppo spesso offuscato da una considerazione unilaterale (sia da parte dei suoi
seguaci che dei suoi detrattori) della attività da lui svolta in campo
politico. È insomma il Kropotkin scienziato che, in primo luogo, ho voluto ricollocare
al posto d’onore nei confronti dell’umanità intera, e non più celebrare solo il
profeta politico unicamente apprezzato dai seguaci dell’anarchismo. Anche se, va
detto, non è possibile scindere in due parti nettamente distinte e non
compenetrabili tra loro, la complessa personalità (scientifica e politica) di
quest’uomo di genio.
A.M.: Nel settimo
capitolo del tuo saggio, “Il dono: Mauss e Bataille”, tratti delle
documentazioni di Kropotkin sui “selvaggi” con un passaggio sugli eschimesi, i
quali esercitando l’uponcommunism ponevano
rimedio all’accumulo di ricchezza con la distribuzione collettiva dei beni.
Come e perché avveniva questa concessione? Ed attualmente ci sono popolazioni ‒ sebben ridotte ‒ che
attuano la suddivisione delle ricchezze?
Giancorrado Barozzi: Nel
secondo capitolo del Mutual Aid,
dedicato al Mutuo Appoggio tra i Selvaggi,
Kropotkin affronta il tema del “dono”. Come tu hai detto, in alcune pagine
della mia introduzione ho segnalato le fonti da lui utilizzate per la stesura
di quella parte del libro che tratta della reciprocità e della cooperazione presso
quelle popolazioni che oggi definiremmo “d’interesse etnologico”. Ho inoltre rivelato
i numerosi “prestiti” da Kropotkin realizzati da alcuni autori, anche di chiara
fama, che hanno ripreso (come al solito senza citare la fonte) le
considerazioni sul “dono” già esposte nel Mutuo
Appoggio. Kropotkin attinse, a sua volta, le notizie per la stesura di questo
capitolo dal libro di un antropologo suo carissimo amico, oltre che stretto collaboratore
in campo politico: Élie Reclus, fratello del geografo Élisee Reclus, anch’egli
anarchico. Nel 1891 Élie Reclus pubblicò a Londra una raccolta di studi etnologici,
dal titolo Primitive Folk, nei quali descrisse
le usanze di alcune popolazioni “primitive”, tra le quali gli Inuit (uno dei
gruppi etnici in cui sono divisi gli Eschimesi) del circolo polare artico e i
pellerosse del Nord America. Egli osservò che presso questi popoli vigeva una
curiosa pratica di sperpero delle ricchezze che contraddiceva i principi fondamentali
dell’accumulazione capitalistica, dominanti invece nel mondo Occidentale. Una
volta raggiunto un certo livello di ricchezza, le famiglie Inuit disperdevano tutti
quanti i loro beni a beneficio dei membri più poveri della comunità, tramite
doni e feste rituali. Una pratica analoga era in voga anche presso alcune tribù
native della costa nord-occidentale del Pacifico. Nei secoli scorsi quest’usanza,
definita a livello locale in vari modi, ma ben nota presso gli antropologi del
giorno d’oggi col termine Potlach (tradizione
ora, credo, non più in uso a causa dell’avvenuta distruzione delle culture
indigene da parte dell’uomo bianco), fu osservata dal vivo e minutamente
descritta da una vasta serie di viaggiatori europei del XVIII e XIX sec.,
rigorosamente citati nel libro di Reclus. Fonti che ricompaiono intatte, guarda
caso, anche nelle note del Saggio sul
Dono pubblicato negli anni ’20 del Novecento dall’antropologo francese Marcel
Mauss, in cui viene ripresa, pari pari, anche la teoria della reciprocità tra i
“selvaggi” già esposta da Kropotkin nel secondo capitolo del Mutual Aid. Guarda caso, Mauss non cita affatto
però, tra le numerose fonti del proprio contributo scientifico, né il nome di
Kropotkin né quello di Élie Reclus. Poiché questo scritto di Mauss è ritenuto,
giustamente, un autentico classico del pensiero antropologico, mi sono sentito
in dovere di richiamare l’attenzione dei lettori di oggi sulle fonti principali
di quel libro (appunto, le opere di Kropotkin e di Reclus) totalmente, quanto
inspiegabilmente, passate sotto silenzio dall’antropologo francese.
A.M.: Ci sono
altri autori che stimi profondamente e di cui vorresti divulgare il pensiero?
Giancorrado Barozzi: Dato
che Kropotkin, per le sue prese di posizione politiche libertarie fu tacciato,
sia da destra che da sinistra, di essere un “utopista”; dopo lo studio che ho
condotto sulla dimensione scientifica, a mio parere (ma anche di S.J. Gould e
di altri naturalisti) tuttora pienamente valida, della sua opera, ho preso a orientare
i miei principali interessi in due diverse direzioni, sempre pronte però a
contaminarsi l’una con l’altra. Una parte delle mie ricerche si è dunque focalizzata
sull’eredità del “mutualismo”, fondato da Kropotkin, in campo scientifico, privilegiandole
opere di due grandi scienziati, purtroppo in Italia ancora poco noti al grande
pubblico. Mi riferisco a George Price e a William Donald Hamilton, ai quali si
deve, tra l’altro, la formalizzazione algebrica della cosiddetta “legge
dell’altruismo”. I lettori che conoscono The
Selfish Gene (Il Gene egoista) di
Richard Dawkins, un fortunato libro di divulgazione scientifica che risale a
qualche decennio fa, e che ha avuto una discreta diffusione anche in traduzione
italiana, avrà già sentito i nomi di questi due scienziati. Va detto però che
Dawkins, dichiaratosi un seguace del “darwinismo sociale” propugnato da Huxley,
pur avendo dovuto citare (per il loro valore scientifico) Price e Hamilton,
cercò tuttavia nel suo libro di sminuire la portata delle loro scoperte. La
cultura italiana misconosce ancora, in gran parte, gli studi di questi due ricercatori,
entrambi ahimè passati ormai a miglior vita. Per quel che mi sarà consentito di
fare, vorrei perciò contribuire a divulgare la conoscenza delle loro vite
(assolutamente esemplari) e dei loro studi presso il pubblico italiano. L’altro
filone di ricerca che sto seguendo e che trae anch’esso origine dai miei studi
su Kropotkin, si occupa della dimensione “utopica” del pensiero umano nei suoi
molteplici aspetti: artistico, sociale e politico. Quale punto di partenza per affrontare
questo viaggio nel mare magnum dell’utopia
ho scelto di concentrarmi sull’opera di un autore sudamericano del Novecento,
Darcy Ribeiro, che, proprio come Kropotkin, ha compiuto anch’egli poliedriche ricerche
e sperimentazioni in vari ambiti dello scibile umano: dall’antropologia
all’impegno politico, dalla pedagogia alla creazione letteraria, e altro
ancora. Per le edizioni Negretto sto, proprio in questi giorni, curando la
riedizione, in una nuova versione affidata a una valente traduttrice (Katia
Zornetta), di un visionario romanzo scritto appunto da Ribeiro negli anni ’80, Utopia selvagem (Utopia selvaggia). In
questo suo libro l’autore ha condensato, in forma giocosa e carnevalesca, i
punti chiave di un suo originale progetto di trasformazione della realtà
sociale, con particolare riferimento al contesto culturale afro-brasiliano,
all’interno del quale egli stesso ebbe a operare in concreto, per la rinascita
del proprio paese e per il miglioramento delle condizioni di vita dei ceti
diseredati della sua terra. Salvo imprevisti, il libro, che ha il patrocino
della «Fondazione Ribeiro» con sede in Brasile, dovrebbe uscire entro quest’anno.
Dopodiché, assieme all’editore Negretto, penso di mettere in cantiere qualche altra
pubblicazione, non più di genere narrativo, riguardante sempre il tema
dell’utopia.
A.M.: Come ti
trovi con la casa editrice Negretto Editore? La consiglieresti?
Giancorrado Barozzi: È
ormai da una decina d’anni che collaboro con questa casa editrice che è in
prevalenza orientata alla pubblicazione di opere saggistiche d’argomento
filosofico e di testi riguardanti i temi della prevenzione delle disabilità e
del disagio sociale, della solidarietà e del cooperativismo. Ciò che più apprezzo
in questo editore, che tra l’altro ha avuto il sangue freddo d’andare
controcorrente decidendo di avviare la propria attività esattamente nel momento
in cui ha avuto inizio la grave crisi economica mondiale che tuttora affligge
l’Italia e il mondo intero, è la sua assoluta coerenza nelle scelte dei testi
da pubblicare. Negretto mette in cantiere e realizza pochissimi libri all’anno,
punta quindi sulla qualità e non sulla quantità delle proposte, non è (come
invece molti altri suoi colleghi) un editore a pagamento, ma sceglie personalmente
e con la massima cura le opere da inserire nel suo catalogo, coadiuvato ovviamente,
nelle scelte e nella cura dei volumi, dai direttori delle sue collane
editoriali. Il Pasto Nudo, la collana
di storia sociale e antropologia, che ho l’onore di dirigere, presso le
edizioni Negretto, si propone di avvicinare nuovi lettori a interessarsi delle
scienze umane. I libri della collana toccano temi d’attualità o argomenti
rimossi, quali i sogni, l’inconscio, il mondo magico, le paure e le utopie. A tutt’oggi
la collana ha al suo attivo l’edizione di tre volumi, più uno in preparazione (Utopia selvaggia di Darcy Ribeiro). Non
vorrei passare per quell’oste che dichiara di avere sempre e solo del buon
vino, ma in coscienza mi sento di consigliare ai lettori, sia che essi siano lettori
forti e cultori d’antica data delle scienze umane, che principianti assoluti di
queste discipline, di accostarsi con fiducia ai testi della nostra collana, la
quale ha almeno tre pregi: l’originalità e notevole interesse scientifico delle
sue proposte tematiche, l’assoluta chiarezza e comprensibilità della scrittura
che aspira a rendersi accessibile a ogni genere di lettore, e infine l’estrema
cura della veste editoriale (dalla grafica delle copertine, alla scelta dei
caratteri e corpi di stampa, ecc.). Voglio infine cogliere l’occasione per
lanciare qui un appello agli autori d’inediti che riguardino i temi specifici
di questa collana, che è interdisciplinare, ma ha una sua interna coerenza: la
collana Il Pasto Nudo è alla costante
ricerca di nuove “voci” da inserire nel proprio catalogo. Per sottoporci, in
valutazione, una proposta di pubblicazione raccomando di rispettare i seguenti
criteri: inviare all’editore Negretto, in formato digitale o cartaceo (a scelta
dell’autore), una sintetica sinossi del proprio libro, purché inedito, assieme
a un breve specimen del testo (max10
pagine), non inviare manoscritti completi, e astenersi dal proporre la
riedizione di testi già in precedenza pubblicati da altri editori. Nella
collana da me diretta si pubblicano solo saggi inediti, o nuove traduzioni di
autori stranieri, su originali temi d’antropologia e di storia sociale.
A.M.: Salutaci
con una citazione…
Giancorrado Barozzi: “Il bello della vita è sorridere” ‒ Darcy Ribeiro,
Utopia selvaggia, XV capitolo
A.M.: Giancorrado
ti ringrazio per questa interessantissima chiacchierata augurandomi che i
lettori possano iniziare a prendere in considerazione le teorie di Kropotkin.
Ti saluto con le parole di Carl Gustav Jung: “Si sopravvive di ciò che si riceve, ma si vive di ciò che si dona.”
Written by Alessia Mocci
Ufficio Stampa Negretto Editore
Info
Sito Negretto Editore
http://www.negrettoeditore.it/
Acquista
https://www.unilibro.it/libro/barozzi-giancorrado-de-ford-miriam-a-barozzi-g-cur-/altruismo-cooperazione-petr-a-kropotkin/9788895967264
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Fonte