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venerdì 25 ottobre 2019

Riforma Euribor? Sì, ma solo dal 2022



Come riportato dai media da diversi mesi, l’Euribor, il parametro usato nei contratti di mutuo a tasso variabile per indicizzare il tasso del finanziamento, si appresta a cambiare volto.
Facile.it e Mutui.it hanno svolto un’analisi, insieme alla giornalista economica Rosaria Barrile, per chiarire alcuni punti. Il primo e più importante è che il nuovo Euribor non entrerà in vigore nel 2020, come è stato indicato da alcuni, bensì dal 2022 e, anche, non avrà un impatto elevato sui mutui già sottoscritti né sui costi delle banche.
L’attuale metodo di calcolo
In questo momento il sistema utilizzato per determinare l’Euribor si basa sulle dichiarazioni di una ventina di banche europee circa il valore dei tassi a cui si scambiano il denaro fra loro. Questo metodo, che in passato aveva portato ad alcuni episodi di manipolazione, verrà sostituito da un calcolo definito ibrido e basato su un mix di metodi che comprendono anche gli scambi effettivi avvenuti tra le banche.
Il rinvio al 2022 del nuovo Euribor
La transizione al nuovo parametro si è presentata fin da subito complessa a livello tecnico tanto che a febbraio 2019 il Parlamento e il Consiglio UE hanno deciso di accordare una proroga a chi deve fornire informazioni su parametri ritenuti critici, dando loro tempo fino al 31 dicembre 2021. Il nuovo sistema di calcolo dovrebbe garantire valori corrispondenti all’andamento reale dell’Euribor, come spiega Anna Vizzari di Altroconsumo. «È previsto che vengano presi in considerazione solo i tassi delle banche che hanno registrato nella giornata o nei quattro giorni precedenti una transazione. Quindi si metteranno in ordine i tassi registrati, dal più basso al più alto, si prenderanno i quattro valori centrali della lista e su questi verrà calcolata una media semplice. Poi saranno applicati dei meccanismi correttivi, basati sui dati rilevati per le medesime scadenze nei giorni antecedenti, al fine di limitare la volatilità dell’indicatore e, infine, saranno presi in esame anche i tassi interbancari registrati sugli altri mercati».
Il panel di banche che dovrà fornire tali valori viene individuato dall’EMMI (società che cura la piattaforma dell’Euribor): sarà formato dagli istituti che hanno una partecipazione attiva sul mercato monetario dell’euro e saranno provenienti da almeno tre Paesi diversi. «Si tratta comunque di una definizione limitata visto che sarebbero appena una cinquantina di banche», puntualizza Vizzari. «Un numero davvero piccolo se paragonato al totale degli istituti di credito europei, solo in Italia ce ne sono più di 700. Vista l’attuale situazione del mercato interbancario, dove gli scambi sono molto ridotti, la riforma rischia di non portare grossi cambiamenti rispetto al sistema attuale».
L’impatto sulla rata del mutuo
Formalmente per chi ha un contratto in corso non cambierà nulla e i finanziamenti a tasso variabile continueranno ad essere agganciati al nuovo Euribor; la forbice tra i valori del vecchio e del nuovo parametro potrebbe attestarsi tra 1 e 5 punti base, variazione sostanzialmente impercettibile sulle rate mensili del finanziamento.
A fornire una conferma in questo senso è Lea Zicchino, partner della società di consulenza Prometeia: «Per chi ha un mutuo in corso non cambierà nulla perché fino al 2022 verrà utilizzato l’attuale sistema di calcolo. La fase di transizione al nuovo Euribor riguarda esclusivamente gli addetti ai lavori che dovranno capire come far funzionare nel concreto in modo efficiente il nuovo metodo. È bene precisare che in questo momento gli scambi tra le banche sul mercato sono fatti in numero contenuto proprio perché la Bce ha già garantito abbondanza di liquidità. Nel momento in cui gli scambi di liquidità tra banche dovessero essere più frequenti, il valore del nuovo Euribor potrebbe cambiare».
Anche se ciò dovesse accadere, difficilmente la nuova metodologia potrebbe avere però un impatto repentino sulla rata del mutuo, come spiega Zicchino: «Qualora l’Euribor dovesse aumentare in misura importante per effetto del nuovo metodo, la banca stessa potrebbe accollarsi il costo rinunciando a una parte dello spread applicato o, in caso contrario, esiste sempre la possibilità per il cliente di rinegoziare il mutuo». 
Cosa cambia per chi ha un mutuo in corso?
Secondo il Presidente di Adusbef, Antonio Tanza: «Il cambiamento varrà per i nuovi mutui, ma già attualmente, sulla scorta di una direttiva europea, le banche dovrebbero indicare nei contratti anche il sostituto dell’Euribor. Per quanto attiene ai rapporti preesistenti cambierà la metodologia attraverso la quale il nuovo parametro verrà determinato, ma non la natura dello stesso: circostanza che probabilmente non obbligherà le banche a rivedere e aggiornare tutti i contratti attualmente in vigore».
Abi: nessun impatto sulle banche e sui costi dei mutui
Secondo uno studio condotto a livello europeo dalla società di consulenza Boston Consulting Group (Bcg), la riforma potrebbe cogliere impreparate molte banche che ancora non hanno messo bene a fuoco la questione. In sintesi, secondo un calcolo effettuato a fine agosto dalla società, il passaggio al nuovo Euribor e al tasso Estr (che sostituisce l’Eonia) rischierebbe di presentare al sistema finanziario italiano un conto da 1,5 fino a 2 miliardi di euro.
Ma tale ipotesi è stata del tutto smentita da Abi che ha escluso non solo che vi possano essere costi esorbitanti dovuti a tale adeguamento, ma anche che vi sia la necessità di rinegoziare i mutui e che possa verificarsi un aumento dei loro costi come diretta conseguenza dell’adeguamento al Regolamento europeo sugli indici. Ad affermarlo è Pierfrancesco Gaggi, Responsabile Abi del Servizio rapporti con le associazioni europee e attività internazionali:  «Abbiamo avuto modo di confrontarci con Boston Consulting Group e non ci siamo ritrovati con le loro stime sui costi che le banche dovrebbero sostenere per introdurre le modifiche metodologiche determinate dal Regolamento Benchmark del 2016: anche loro hanno convenuto che le stime riguardavano un campione di banche europee che probabilmente non riflette la realtà delle banche italiane. Per quanto riguarda l’Euribor, a parte le due banche italiane che fanno parte del panel che fornisce i dati sulla cui base viene calcolato il benchmark, tutte le altre continueranno a ricevere i dati giornalieri come prima del cambio di metodologia. Non vediamo quindi quali sarebbero i costi che le banche dovrebbero sostenere per l’utilizzo dei due indici riformati nel rispetto del Regolamento. Se qualche costo si può intravedere, esso riguarda l’introduzione, resa obbligatoria dallo stesso Regolamento sugli indici, nei contratti esistenti di una nuova clausola (oltre che in quelli nuovi) che indichi un indice di riserva da utilizzare nel caso in cui quello principale utilizzato nel contratto non possa più essere calcolato per una qualsiasi ragione. Ma questi indici di riserva devono ancora essere individuati dal Gruppo di lavoro degli esperti che, sotto la guida della Bce, lavora al progetto. E non pensiamo davvero che una comunicazione per integrare i contratti esistenti con una clausola aggiuntiva possa avere costi così elevati. Non prevediamo dunque nessuna rinegoziazione dei mutui, né aumenti dei loro costi dovuti all’adeguamento al Regolamento europeo sugli indici».

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