“I genitori ti
insegnano ad amare, ridere e correre. Ma solo entrando in contatto con i libri,
si scopre di avere le ali.” - Helen
Hayes
Carissimi lettori, oggi vogliamo parlarvi delle novità
editoriali degli scorsi mesi primaverili della casa editrice Rupe Mutevole
Edizioni, ormai al suo undicesimo anno di attività letteraria.
Sono venti le collane editoriali della casa editrice, venti
sono dunque le braccia che accolgono la diversità per condurre oltre i confini
territoriali e mentali.
La denominazione delle collane è in linea con la politica
della casa editrice, troviamo infatti: “Letteratura di Confine”,
“Trasfigurazioni”, “Mappe di una nuova èra”, “Saggi”, “Rivelazioni”, “Poesia”,
“Fairie”, “Atlantide”, “Oltre il confine”, “Scritti in scena”, “Sopralerighe”,
“Heroides”, “Echi dalla storia”, “Visioni”, “Margini liberi”, “Echi da
internet”, “Radici”, “Supernal Armony”.
Ma ora vi lasciamo alle novità editoriali per i mesi
primaverili, anticipandovi che fra qualche giorno presenteremo anche le novità
riguardanti gli e-book Rupe Mutevole!
La primavera di Rupe
Mutevole:
“Tutto barcondola” di
Daniele Locchi
tutto barcondola nasce dalle parole di Eva, la figlia del
nostro autore Quando ci siamo conosciuti nel suo locale mi ha raccontato
questo dolcissimo aneddoto:
“Io e lei, soli.
Una sera, Eva 8 anni guarda fuori dalla finestra.
Chissà cosa guarda un bimbo a 8 anni.
- Babbo?
- Sì?
- C’è vento là fuori.
- Eh sì, davvero!
- Tutto... tutto... Barcondola!
- Eh?
- Barcondola, babbo.
Quando pubblicherò il mio primo libro di poesie lo
chiamerò così. Tutto, ma proprio tutto barcondola.
Poesie scritte nelle notti, forse nei giorni strani di
chi vive con forza la vita.
Padre figlio fratello amico, o solo osservatore dei
nostri giorni.
Occhi critici su come viviamo il nostro tempo, personaggi
noi, su di un palcoscenico troppe volte creato per non mettersi in gioco.
Adulti adolescenti, e giovani spiazzati senza troppe convinzioni.
“Coppia con gatti” di
Raffaela Millonig
Magia di un Giorno d’Autunno. Paolo e Raffaela lo
sapevano che quell’impulso del tutto nuovo per loro e irrazionale, che in una
sera d’ottobre li spinse ad accogliere un gatto e a portarselo a casa, in
realtà veniva da molto lontano? Probabilmente no, loro non avevano mai avuto
gatti e solo da poco avevano deciso di formare una coppia stabile. Cosa che
però a un gatto non sfugge! Come sa sempre se quella è una “coppia à chat”. I
gatti, sempre, nelle antiche Civiltà, sono stati il “genius loci”, i protettori
della Casa, della Coppia, della Famiglia, coloro che, secondo antichissime
credenze, formano un magico cerchio protettivo attorno all’abitazione dove vive
chi li ha accolti e li ama. Una magia giunta attraverso un filo d’oro fino ad
oggi, quella che fece dire al grande poeta Rainer Maria Rilke: “La vita con un
gatto, ripaga”.
Immagine di copertina di Gianni Cestari
“Periplo” di Nicol
Manicardi
Periplo: “Circumnavigazione di un continente o di un’isola;
estensione: itinerario circolare, con qualsiasi mezzo sia compiuto: compiere un
periplo in aereo” “Nella letteratura
greco-latina, descrizione di un viaggio marittimo, con dati geografici, tecnici
e commerciali su mari, porti e città”. Così
Nicola Manicardi ha titolato il suo libro. E penso che nella citazione del dizionario della lingua
italiana stia, una, delle spiegazioni del senso dei versi di questo poeta. Poi.
Si sa. Ogni poeta ha un suo mondo a parte. Nascosto. Inspiegabile. Che per
sempre resterà suo e solo suo. E penso sia giusto così … Navigare. In un mare
di carta. Circumnavigare una stanza. I capelli di una donna. Un bosco. Che
anche se non c’è… c’è. Il bosco della nostra anima. Dove gli alberi non si
ammalano mai. Dove incontrare una fata diventa una cosa normale. E incontrare
un uomo diventa una cosa anormale. Navigare. Da poeta. Su una foglia. E dentro
di lei trovare miriadi di infiniti. Circumnavigare se stessi. Affrontando il
rischio di tempeste che mai avremmo immaginato. Onde giganti. Che
rimpiccioliscono o dilatano la nostra mente. Il nostro pensiero.
Prefazione a cura di
Enrico Nascimbeni
“Lettera a una
figlia” di Enrico Vergoni
Sono l’insieme di fragili e innumerevoli Poesie, dolci e
incantevoli immaginazioni di attimi racchiusi nel cuore… Infiniti sentimenti
che sembrano danzare mentre si allineano e si rincorrono, susseguendosi in
tutte quelle tenere frasi che parlano del mare, del cielo e di Dio.
Leggendo questo libro e scorrendo tra le pagine, sento che
mi avvolgo con delle forti, immense e suggestive emozioni; mi rapiscono,
coinvolgono e sprigionano infinite sensazioni in un ritmo incalzante di frasi
che l’autore usa come i battiti del cuore.
Sembra quasi una magia, perché tutto intorno risuona come il
suono dei rintocchi del pendolo quando quell’orologio che scandisce il tempo,
segnala ogni attimo vissuto e tutti quei ricordi che sono impressi nella mente…
Nessuno potrà mai dissolvere.
Dalla prefazione di
Marina Risté
“Senza titolo” di
Enrico Nascimbeni
Non darei questa lirica libera di Enrico per tutta la poesia
contemporanea. Libera perché questi versi urlano di consapevolezza
(finalmente), e la consapevolezza è l’unica qualità che ci rende davvero
liberi; il resto, compresi equità sociale, benessere e bla bla bla sono solo
parole che siamo maestri a srotolare e a inseguire, ma che restano lì,
avvinghiate a un sogno di prosperità dell’anima che in realtà è la parafrasi
del vuoto interiore e l’annullamento del pensiero. Questi versi ricordano e
spazzano via un mondo (e poi non dovremo aspettare ancora molto perché avvenga,
ci penseranno i barbari, distruttori di civiltà e ripetitivi ideatori di
calendari lunari): lo spazzano via con una staffilata definitiva, con un
diluvio di parole evocate che scrosciano insieme al diluvio di una pioggia
primordiale, quella che comincia all’alba e sai che non finirà, che trascinerà
tutto, che lascerà un fango molle e spugnoso dapprima - sotto il quale
soffocheranno i giocattoli della civiltà - e poi secco e immobile, a stringere
in una morsa eterna il mare di aggettivi, l’oceano di inutilità di cui ci siamo
circondati e nel quale ci siamo perduti, schiavi liberati fuori, ma schiavi
dannati dentro.
“Ragnatele di
silenzi” di Nadezhda Georgieva Slavona
Il romanzo di Nadezhda Slavova, con un linguaggio
chiaro, scarno, coinvolgente,
lontano da ogni enfasi retorica, e con grande profondità e lucidità,
ritrae il periglioso e rovinoso percorso evolutivo di due giovani, legate e
segnate da un segreto tremendo, donandoci un racconto intenso sul piano
emotivo, maledettamente realistico nella
critica, velata ma spietata, verso le falsità della moderna società. È una lettura che entra nelle dinamiche della
famiglia, a volte minata da profonde lacune emotive, e che riesce a trasportare
il lettore nel baratro del “silenzio” e del dolore insieme ai protagonisti,
facendo percepire l'oscurità della solitudine e il “male di vivere”.
Tratto dalla
prefazione di Francesco Martillotto
“Grido” di Claudio
Fiorentini
Iniziare da questa poesia incipitaria significa andare da
subito a fondo nella poetica di Claudio Fiorentini.
Un dire di assoluta novità architettonica per valenza
metrica e cospirazioni intime, dove il verso, con andare fluttuante e modulato,
cerca di farsi geografia fisica di un animo intimamente graffiato da una
irrequietezza esistenziale.
Ricerca, scavo, analisi attenta e perspicace di pensieri
che, con stratagemmi metaforici, si srotolano sul volto e scolano cadendo nelle
rughe. Claudio si sdoppia per leggersi meglio; si vuol vedere come persona
estranea, come immagine allo specchio per ritrarsi con ironia ecuriosità, con
ardore e intensità epigrammatica, raffrontandosicon la vita, il tempo, l’amore,
la nullità dell’esistere, e il divenire implacabile dell’essere che non dà
punti di riferimento a cui appigliarsi.
Dalla prefazione di
Nazario Pardini
“Il Messaggio di
R.D.I. – Il Risveglio della Divinità Interiore” di Akhenaton Reincarnato
(…) Fu del tutto inaspettato l’incontro che ebbi in quella
sera calda di maggio, ritrovai, infatti, una ragazza che non vedevo da tempo,
bastarono poche parole per comprendere che quell’incontro avrebbe illuminato
tutta la mia vita! Seppi da lei, medium, d’avere anch’io tale dono e fu
bellissimo, rimasi estasiato, l’anima sussultò come mai prima di allora. Il
cuore scoppiava in petto, tutto ciò rappresentava una conferma di vita per
l’intero mio trascorso. Così avvenne... in una stazione, scendemmo dal treno da
porte adiacenti senza rendercene conto e incrociammo gli sguardi, poi lei si
avvicinò a me istintivamente cercando rapidamente un dialogo. Passarono quattro
ore, in un istante, i dialoghi divennero sole vivificante e nuova forza per la
vita. Quando il cielo mostrò il suo primo indaco, capimmo che si era davvero
fatto tardi. Accompagnai quindi la ragazza a casa facendomi dare le opportune
indicazioni stradali visto che non sapevo neppure dove abitava. In quegli
attimi pensai alla meraviglia che stava accadendo: due vite s’intrecciavano e
quell’evento annullava anni d’incognito. Il saluto fu tutt’altro che formale,
testimone il lungo abbraccio che ci vide coinvolti… Sorrisi un’ultima volta
prima di lasciarla con lo sguardo, lei istintivamente, scrisse il suo recapito
telefonico su di uno spazio libero nel medesimo foglio ove poco prima erano
stati tracciati i messaggi medianici. Concluse dicendomi che ci saremmo rincontrati
da lì a breve. Le sensazioni che provai, durante il viaggio di ritorno a casa,
furono un tutt’uno con la musica rilassante che la radio trasmetteva. Così
tutto cominciò per me…
“La sciarpa di seta”
di Max Rente
Questo romanzo è pieno di mille sfumature e sensazioni
meravigliose che non possono fare a meno di esplodere con l’immenso amore di
due giovani che sopravvivono soltanto per ritrovarsi; il loro è un desiderio
infinito, intenso e splendente di luce, che li nutre da lontano e non li fa
cedere agli avvenimenti della vita. Un romanzo stupendo dal sentimento
appassionato, travolgente e dolce che ti fa assaporare la vita in ogni momento
di tristezza o felicità che viene descritto molto bene e con l’armonia di un
artista; la storia è scorrevole, narrata in un modo profondo, deciso e
struggente che manifesta una forza che soltanto un grande amore può suscitare.
Questo romanzo è scritto con il cuore, con la voce di un’anima pura che vuole
dare un messaggio al lettore, una speranza dove può riconoscere ciò che il
destino gli ha riservato; è qualcosa che non immagini possa riuscire a far
trionfare un sentimento stupendo da rendere il dono della vita, la cosa più
preziosa che possa avere una persona.
Dalla prefazione di
Marina Risté
Copertina di Luca
Allegrini
“Un unico cielo il
solo vero” di Stefania Miola
“Di tanto morirò ” canta Ivano Fossati. Ma forse di amore
non si muore. Ma si vive. Questa è la prima sensazione che ho avuto leggendo le
poesie di Stefania Miola. Una sensazione di buon profumo di muschio e “vecchie
lavande”. La scrittura scivola dolcemente. Una scrittura che non cerca vocaboli
strabilianti (te ne sono grato Stefania). Ma vocaboli veri. Sinceri. Parole
vere. Leggere. Senza compiacimenti che personalmente mi spaccano altamente i
maroni. Perché ritengo la poesia cosa complicatamente semplice. Come l’amore.
Forse.
“Senza carne, Senza ossa, Danzo fra le foglie animate da una
dolce brezza.” (Il silenzio dell’anima).
Ecco in questa poesia a mio si parere può benissimo
identificare e sfiorare l’opera di Stefania. Una danza arcaica dove sembra
dimorare l’ eterna domanda: chi sono io? Poche parole. Secche come foglie.
Bellissime. Danzate bene.
“Senza speranza e
senza disperazione” di Emidio Paolucci
A cosa serve la poesia? A catturare i tuoi deserti... E’ la
prima immagine alla quale si rimane inchiodati sfogliando le pagine di questa
raccolta, immagine fulminante di verità. Perché c’è un deserto grande quanto un
oceano nel quale si prosciuga la vita di chi è in carcere, ed è il vuoto di
vita affettiva e sessuale. Che è pena che si aggiunge a pena, che è punizione
aggiuntiva di corpi. Cosa che in molti paesi in Europa e fuori dall’Europa è
stata superata, ma in Italia ce la teniamo ben stretta, come struttura
inconscia dell’apparato repressivo. Noi, di qua dalle mura, neppure pensiamo a
quale grande tortura, che si aggiunge alla pena della detenzione, sia questa
privazione, che è compressione violenta e devastante di pulsioni naturali, che
porta malattie, che porta dolore. Una privazione che si traduce in negazione
della persona, se nei tempi e nei modi della relazione anche affettiva e
sessuale tutti noi costruiamo la nostra persona e la nostra vita, se noi siamo
quello che vediamo nello sguardo dell’altro e in quello ci riconosciamo.
Proviamo a immaginare quali torsioni della personalità ne derivano, quale
lacerazione. Annullare questo dolore negandolo, porta spesso alla negazione
della vita stessa...
Dalla prefazione di
Francesca Carolis
“Il fratello di
Marta” di Maurizio Giardi & Marco Mannori
Questo romanzo si apre con una dedica. “A tutti coloro che
si sentono soli”. Quindi. è dedicato a tutto il genere umano. Quello pensante.
S’intende. E già qui la lista si assottiglia. Già siamo sul romanzo di élite. E
scritto come si scriveva una volta. Sembra battuto su una Olivetti. Oppure
racchiuso in un disordinato ammasso di fogli di carta spiegazzata. Dalla
prefazione di Enrico Nascimbeni
Immagine di copertina
di Teodolinda Caorlin
“Dialoghi col vento”
di Salvatore Angius
Mi sono chiesto se veramente esistono ancora dei ragazzi
come Salvatore Angius. Se veramente esistono ancora dei poeti come Salvatore.
La risposta è sì. E vivaddio la cosa mi riempie di gioia. Il cuore di Salvatore
abita su un “ermo colle”, lo sguardo di Salvatore coglie “infiniti silenzi”.
Leggere i suoi versi è come immergersi in uno di quei quadri dimenticati in un
corridoio dimenticato. Quelli che per una vita. Sebbene fossi passato di lì un
milione di volte. Non avevi mai attentamente guardato. Poi viene quel giorno
che lo guardi e… Diventi tutt’uno con il quadro. Forse perché tutti in questo
terzo millennio volgare abbiamo bisogno di momenti di antica bellezza.
Salvatore intende così la poesia. Le rime scivolano come sapone dalle mani.
Croce, atroce, voce…
E le rima si fa moderna. Pensieri. Desideri, veritieri, vivi
e veri. E così la poesia diventa sublime. Le parole diventano suoni. Montaliane
parole-suono. “Cocci aguzzi di bottiglia” scriveva Montale meriggiando “pallido
e assorto”.
Dalla prefazione di
Enrico Nascimbeni
“Una pioggia di
emozioni” di Giuseppe Stillo
“E scrivere d’amore…scrivere
d’amore…anche se si fa ridere…anche quando la guardi…quando la
perdi…l’importante è scrivere…” canta Vecchioni ne “Le lettere d’amore”
dedicata a Fernando Pessoa. Quando ho letto i versi di Pino Stillo ho pensato a
questa poesia-canzone sul poeta portoghese.
I versi di Pino sono liberazione dei suoi tormenti. Nudità del poeta
vero di fronte a tutto e tutti. “Solo chi non scrive mai lettere d’amore fa
veramente ridere”. E per la madonna queste
poesie sono vere. Sono amiche dei boschi e delle carezze. Sono fragili come
farfalle. Una fragilità che Stillo non nasconde. Non costruisce. Ma suda dalla
sua fronte senza inganni o, peggio, banali e vuoti compiacimenti dei falsi
scribacchini da social.
Dalla
prefazione di Enrico Nascimbeni
“Ruvide
carezze” di Michela Giavarini & Luca Santilli
Così scopriamo piano piano, la storia
di questa ragazza: la definisco ragazza, ma potrebbe avere una qualsiasi età,
perché la violenza sulle donne non ha età. Scopriremo le sue disillusioni, le
ferite quelle dell'anima e fisiche, inferte ahimè, come avviene, quasi sempre,
fra le mura domestiche. Non c'è un perché, non amo dare giustificazioni alla
violenza, spesso troppe volte giustificata da un’infanzia difficile.
“Mi vedrai
spogliata della maschera indossata/ per apparire come avrei voluto essere/
felice e spensierata,/ non triste e sola come sono.// Dolorosa finzione/
sorrido/ vado avanti/ impenetrabile/ trattengo le lacrime,/ fino a quando nel
buio della notte/ sgorgano libere/ a stregare le stelle del cielo.”
“El Arbol las
mariposas” di Delia L. Sant
Illustrazioni di Silvia Campaña Graphic designer Svein Olav
Thunaes
Versione in lingua spagnola della fiaba già edita da Rupe
Mutevole “L’albero delle farfalle”
Per pubblicare con
Rupe Mutevole Edizioni invia un’e-mail (info@rupemutevole.it) alla redazione
inviando il tuo inedito, se vuoi pubblicare nella collana “Trasfigurazioni” con
la collaborazione di Oubliette Magazine invia ad: alessia.mocci@hotmail.it
Written by Alessia Mocci
Addetta stampa (alessia.mocci@hotmail.it)
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