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lunedì 4 febbraio 2019

Mutui: richiesta in aumento del 3% nel 2018, ma attenzione ai tassi in salita







Il 2018 è stato un anno positivo sul fronte dei mutui, con tassi ancora a valori estremamente bassi e tutti i principali indicatori in crescita; è questo il quadro complessivo emerso dall’osservatorio congiunto di Facile.it e Mutui.it che, analizzando un campione di oltre 40.000 domande di mutuo raccolte da gennaio a dicembre 2018, hanno tracciato un bilancio dell’anno appena trascorso.
Crescono gli importi richiesti e quelli erogati
Il primo dato positivo è quello relativo alle somme richieste, che nel 2018 sono aumentate; gli aspiranti mutuatari, si legge nell’analisi, hanno cercato di ottenere, in media, 132.453 euro, vale a dire il 3,3% in più rispetto al 2017. All’aumento dell’importo medio richiesto ha corrisposto, seppur in misura più limitata, una crescita delle somme effettivamente concesse; il taglio medio erogato dagli istituti di credito nel corso dello scorso anno è stato pari a 128.886 euro (+0,5% rispetto al 2017).
Altro dato positivo è quello relativo al Loan To Value (LTV), vale a dire la percentuale del valore dell’immobile che si cerca di finanziare tramite mutuo. Questo parametro è passato dal 61% del 2017 al 69% del 2018 per ciò che riguarda le richieste e dal 60% al 65% per quanto concerne gli erogati. Segnale di una politica meno rigida da parte delle banche su cui ha senza dubbio avuto un ruolo importante anche il Fondo Garanzia Prima Casa, che ha permesso lo scorso anno a numerosi istituti di credito di finanziare operazioni di acquisto con LTV elevato, anche fino al 100%; da capire quali saranno, nel 2019, gli effetti dell’assenza di questo importante strumento di accesso al credito.
Leggermente maggiore, anche, l’età media dei richiedenti (passata da 40 a 41 anni) mentre è rimasta stabile la durata media dei piani di ammortamento richiesti (poco più di 22 anni).
Tassi di interesse in aumento sulle nuove erogazioni nel 2018
Dal punto di vista dei tassi gran parte del 2018 è stato caratterizzato da un livello estremamente basso degli indici, sia fissi che variabili, condizione garantita dalla sostanziale stabilità di EURIRS ed EURIBOR (i parametri che guidano l’andamento, rispettivamente, dei mutui fissi e variabili).
A partire dal mese di ottobre, però, per quanto riguarda le nuove richieste di mutui a tasso fisso di lunga durata, qualcosa è cambiato e alcuni istituti di credito hanno iniziato a ritoccare verso l’alto i loro spread (e quindi il tasso finale per il cliente) con incrementi nell’ordine dei 20 punti base.
Anche i nuovi mutui erogati a tasso variabile, in alcuni casi, hanno visto un lieve rialzo degli spread bancari applicati, ma su queste operazioni di finanziamento l’incremento è stato più limitato e, quando presente, comunque inferiore ai 10 punti base.
Il 2019 inizia con nuovi aumenti, solo in parte mitigati dall’EURIRS
Il trend registrato negli ultimi mesi del 2018 si è confermato anche nel 2019; durante i primi giorni del nuovo anno alcuni istituti di credito hanno nuovamente ritoccato verso l’alto, con aumenti sempre nell’ordine dei 10-20 punti base, gli spread applicati ancora una volta ai nuovi mutui a tasso fisso di lunga durata; aumenti che però sono stati mitigati, almeno in parte, dal calo dell’EURIRS. Importante notare come alcuni istituti di credito, in controtendenza, abbiano invece approfittato del contesto per adottare strategie commerciali più espansive, scegliendo di mantenere inalterati i loro spread.
«Nonostante i lievi rincari dei tassi registrati a fine anno sui nuovi mutui – che su un taglio medio si traducono in un aumento degli interessi nell’ordine di pochi euro al mese – il 2018 è stato un ottimo anno per chi ha richiesto ed ottenuto un mutuo e ci aspettiamo altrettanto per il 2019», spiega Ivano Cresto, responsabile mutui di Facile.it «Per evitare di pagare più del dovuto, però, viste le differenti strategie di tasso applicate dalle banche, è quanto mai fondamentale confrontare le offerte di più istituti di credito; solo in questo modo è possibile garantirsi i migliori tassi attualmente disponibili che, di fatto, sono comunque ancora molto vicini ai minimi storici ed estremamente convenienti».
Sempre più italiani scelgono il fisso, ma quanto conviene?
Secondo l’analisi di Facile.it e Mutui.it anche per il 2018 il tasso fisso si conferma re indiscusso del mercato italiano dei mutui, con ben otto aspiranti mutuatari su dieci che si sono orientati verso questa tipologia di finanziamento (erano il 73% nel 2017). Interessante notare, inoltre, come nei mesi compresi tra luglio e dicembre la percentuale di richiedenti mutuo a tasso fisso sia ulteriormente salita, sfondando il muro dell’80% e raggiungendo il suo picco a novembre (87%). Dati che riflettono con chiarezza come le note vicende legate all’aumento dello spread Btp-Bund e le tensioni dei mercati abbiano spinto molti aspiranti mutuatari a rifugiarsi nel tasso fisso. Una scelta che però, almeno nel breve periodo, potrebbe rivelarsi poco premiante se si considera che, dati alla mano, il tasso variabile consente, a parità di cifra erogata, ancora importanti risparmi sulla rata.
Le surroghe
Anche per il 2018 le surroghe hanno avuto un peso importante sul totale delle richieste; dai dati raccolti da Facile.it emerge che circa un mutuo su quattro (sia considerando i richiesti, sia gli erogati) erano legati a questa finalità, con un picco registrato nei mesi di maggio e giugno (27%). Il dato più significativo, però, emerge analizzando i valori relativi alle richieste degli ultimi mesi dello scorso anno, caratterizzati da un calo sensibile delle surroghe; a novembre la percentuale è scesa al 19,5% mentre a dicembre si è toccato il valore minimo del 2018, 16,6%, percentuale confermata anche dai primi dati parziali registrati nel 2019.
«L’effetto più evidente degli aumenti degli spread bancari applicati sui nuovi mutui a tasso fisso è proprio il calo del peso percentuale delle domande di surroga; rispetto a settembre 2018, di fatto, la convenienza economica a sottoscrivere un prodotto diverso surrogando oggi è ridotta. Continua certamente ad aver senso, invece, il cambiare tipologia di tasso da fisso a variabile o viceversa se si sceglie di avere una diversa esposizione personale al rischio di eventuali aumenti dell’Euribor» conclude Cresto.





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